Essere obiettori è un diritto. Essere obiettori e voler esercitare alcune professioni è fuori da ogni logica.
I veri obiettori non fanno (e non potrebbero farlo) i militari in missione di pace, o i magistrati, perchè sono previste delle mansioni, nell'esercizio, che stridono con l'obiezione di coscienza.

Il fatto che quando l'obiezione è filo-cattolica ci siano leggi differenti fa obiettivamente schifo.

perchè essere contro l'aborto impedisci di diagnosticare malattie,curare traumi o fare operazioni ?+
Allora nemmeno un testimone di geova può essere medico visto che è contro le trasfusioni

Se qualcuno riesce a seguire il proprio credo adattandolo alle leggi umane che vengono prima di quelle personali divine, può essere di qualsiasi confessione. Ma se non riesce a farlo ed anzi impone il proprio credo agli altri con la forza, violando leggi e regolamenti, allora non può farlo. È semplice Ravenard =)

Nemmeno essere contro l'uso delle armi mi impedisce di fare il commissario di polizia, di indagare e trovare i malviventi. Peccato che tra le varie mansioni di un poliziotto ci sia ANCHE quella di usare le armi.
La regola è la stessa. Un obiettore non può fare bene il 100% del suo lavoro? Allora ne faccia uno che non stride con i suoi dettami di coscienza. Non si può tenere il piede in due staffe.

Bisogna vedere se è diventato medico prima del 78

la questione è chiaramente diversa Muze, il medico è li per salvare vite non per terminarle. Dov'è il senso nel dire "ok questo embrione fino alle 23:59 non è un essere umano mentre alle 00:01 si e non puoi abortire che scattano i mesi previsti". La legislazione e la sensibilizzazione sono tutte da rifare.

Errore. Un medico è lì per svolgere quelle funzioni previste dal servizio sanitario nazionale.
Non si tratta solo di salvare vite, ma di curare o di intervenire sul corpo umano in vari modi (si pensi alla chirurgia estetica, medici che abbelliscono esseri umani, altro che salvare vite).


Queste appunto sono questioni etiche personali.
Vuoi fare il medico? Devi sapere che potresti dover somministrare farmaci abortivi a chi ne fa richiesta. Hai la libertà di scegliere un altro lavoro, non di decidere di farlo a metà e male.

Non funziona proprio così,tant'è che un medico può oltre che non darti farmaci abortivi scegliere pure di ignorare quello che tu gli dici se ritiene di fare la procedura corretta per quello che hai.

Chiaramente puoi cambiare medico

Personalmente penso che un medico abbia il sacrosanto diritto di obiettare riguardo una pratica medica che può legittimamente sollevare un dubbio etico e continuare a esercitare: semplicemente, l'ospedale dovrebbe garantire anche la presenza di personale che certi problemi non se li fa. E soprattutto, evitare che certa gente - non gli obiettori, la gente inqualificabile come quel tipo - sia in certi posti, obiettore o no.
Assolutamente una mia opinione, dunque pienamente opinabile

Il problema più grave forse non è la presenza di obbiettori o meno, ma come credo intendesse Kagura, che un essere con un tale: tatto, buonsenso e perché no educazione, si dedichino a faccende così delicate (a prescindere di come lo si consideri moralmente) come l'aborto.

Non è un imbecille perché obbiettore ma per le scena pietosa ed indegna dell'urlata in corridoio

e questa è la verità.

Cure negate senza tessera sanitaria
muore a 13 mesi bimba nigeriana
Il documento e le cure negate a una piccola nigeriana perché il padre non aveva più il lavoro. Il caso all’Uboldo di Cernusco: la Procura apre un’inchiesta. E in duecento sfilano nelle vie di Carugate per protesta

Rifiutata dall’ospedale perché le era scaduta la tessera sanitaria, una bambina nigeriana di 13 mesi muore poche ore dopo. Il padre, in regola con il permesso di soggiorno, aveva appena perso il lavoro e non poteva rinnovare il documento che forse avrebbe strappato la piccola alla morte. «Uccisa dalla burocrazia», dicono gli amici della coppia, che ieri pomeriggio in 200 hanno sfilato per le vie di Carugate, hinterland di Milano, dove la famiglia vive. «I medici avrebbero potuto salvarla se non si fosse perso tutto quel tempo e se le cure fossero state adeguate. Se fosse stata italiana questo non sarebbe successo», grida ora Tommy Odiase, 40 anni, in Italia dal 1997. Chiede giustizia mentre stringe la mano della moglie Linda, di nove anni più giovane.

La notte del 3 marzo la piccola Rachel sta male, è preda di violenti attacchi di vomito. I genitori, spaventati, chiamano il 118. Arriva un’ambulanza che li trasporta al pronto soccorso dell’Uboldo di Cernusco sul Naviglio. Il medico di turno, in sei minuti, visita la paziente e la dimette prescrivendole tre farmaci. «Non l’ha nemmeno svestita», racconta la mamma. Sul referto medico si leggono poche parole: «Buone condizioni generali». Sono riportati anche gli orari di ingresso, 00.39, e di uscita, 00.45. Il quartetto, con loro c’è anche la figlia più grande, di due anni e mezzo, gira in cerca della farmacia di turno. Ma le medicine sono inutili e alle 2 di notte l’uomo torna al pronto soccorso. Vuole che qualcuno si occupi della figlia, che sta sempre più male. «Il personale ci risponde che “la bambina ha la tessera sanitaria scaduta, non possiamo visitarla ancora o ricoverarla”», denuncia il 40enne. «Un fatto di una gravità assoluta — sottolinea l’avvocato della famiglia, Marco Martinelli — . Dobbiamo capire se esistono delle direttive precise per casi come questo».

In mano Tommy Odiase ha un permesso di soggiorno da residente da rinnovare ogni sei mesi ma che scade in caso di disoccupazione. Il nigeriano, per ottenere il rinnovo della tessera sanitaria propria e delle figlie, doveva presentare una serie di documenti che ne attestassero la posizione, fra i quali la busta paga dell’ultimo mese. Licenziato solo sei settimane prima, la pratica si è trasformata in un incubo.

Davanti al rifiuto dei medici, l’ex operaio diventa una furia. Urla, vuole attenzione. Qualcuno dall’ospedale chiama i carabinieri per farlo allontanare. Forse dall’altra parte della cornetta ricordano che pochi giorni prima all’ospedale di Melzo, stessa Asl, era morto un bimbo albanese di un anno e mezzo rimandato a casa dal pronto soccorso. L’intervento dell’Arma risolve momentaneamente la situazione: Rachel viene ricoverata in pediatria. Sono le 3 di notte, «ma fino alle otto del mattino nessuno la visita e non le viene somministrata alcuna flebo, nonostante nostra figlia avesse fortissimi attacchi di dissenteria e non riuscisse più a bere nulla», raccontano i genitori. Nel tono della voce rabbia e dolore si mischiano. La sera del giorno dopo la situazione è critica, tanto che oltre alla flebo accanto al letto spunta un monitor per tenere sotto costante controllo il battito cardiaco. Alle cinque e mezza il cuore della bambina si ferma, dopo 30 minuti di manovre di rianimazione viene constatato il decesso.

I carabinieri acquisiscono le cartelle cliniche, gli Odiase presentano una denuncia per omicidio colposo a carico dei medici e dell’ospedale, la Procura di Milano apre un’inchiesta con la stessa accusa contro ignoti. Ora si attendono i risultati dell’autopsia, pronti per il 12 maggio.

vergognoso che in Italia succedano di queste cose, ma non dovrei più stupirmi di nulla.

Probabilmente sarebbe successo pure se era italiana, c'è un amore morboso per le pratiche e la burocrazia...ma arrivare a questo punto è decisamente trise e vergognoso.

Ultimamente ho visto varie volte i medici del turno di notte, che stanno là dalla mattina cong li infermieri e hanno in ogni caso molti pazienti da visitare e i laboratori di analisi già al lavoro, le sale operatorie piene e gente ancora non alloggiata nelle camere nei corridoi.
Ma non ammetto, sinceramente, che non si riconosca ad una bambina molto piccola e con i sintomi descritti sopra, priorità rispetto ad altre situazioni. I reparti sono "chiusi" nottetempo e ci sono solo infermieri di guardia e controllo. Se manca la visita al Pronto Soccorso non ha senso venire ricoverati.