Scrivo una recensione di scarso interesse su un gioco vecchio di 4 anni che mi è tornato alla memoria di recente e ritengo sia stato all’epoca troppo ingiustamente bistrattato quando invece a mio avviso si tratta di un mezzo capolavoro dovuto a una grande idea di game design.
Voglio difendere Pathologic a spada tratta, elencandone sia i difetti, ma al contempo i grandi meriti scarsamente riconosciuti dalla critica.
Molti dicono che ha una grafica brutta: è vero che le texture non sono certo ad alta risoluzione, ma la grafica non è per niente brutta, è solo “datata.” Di per sé non è affatto un difetto, in quanto l’ambientazione è di gran lunga più suggestiva e ricca di atmosfera rispetto a moltissimi giochi di ultima generazione che per farli girare serve il computer della NASA.
Ci tenevo a chiarire il mio punto di vista sul fattore della grafica perché tende troppo spesso a denigrare ingiustamente titoli non all’avanguardia come motore di gioco ma ricchi di sostanza vera e propria.
La trama è davvero profonda, con dialoghi bellissimi e un cast di personaggi molto ben caratterizzati, tutti con una personalità autentica. Il problema è la localizzazione che presenta parecchie lacune: svariati errori ortografici, qualche rara stringa di testo fuori posto e alcune cifre in denaro scritte sbagliate. Ma malgrado ciò al livello complessivo l’esperienza di gioco non viene intaccata più di tanto.
I tre protagonisti sono anch’essi davvero ben fatti e carismatici: scegliere di interpretare il laureato, l’indovino o la devota cambia tutte le missioni sia primarie che secondarie da portare a termine.
Ognuno di questi tre personaggi ha virtù, valori e una concezione dell’esistenza molto differente, così come cambia nettamente il modo di essere visti e considerati dagli abitanti della cittadina (personaggi del tutto secondari nella vicenda del laureato, saranno di primaria importanza nella vicenda dell’indovino ecc…).
Rispetto ai protagonisti assolutamente sterili ed anonimi di buona parte dei videogiochi, questo è già da solo un grande punto a favore di Pathologic.
L’idea poi di voler creare un contesto “realistico,” dove è indispensabile soddisfare i bisogni primari e dove bastano un paio di coltellate per spedirti al creatore è assolutamente da promuovere.
Finalmente ti fanno sentire un comune mortale che deve prendere coscienza dei suoi limiti a tutto beneficio del “senso umano.”
(Dopo 20 anni che ci propinano di fare Rambo negli FPS e il semidio nei giochi di ruolo, ci vorrebbero molti più titoli in grado di renderci degli individui senza qualità sovrannaturali pacchiane).
Il senso di tensione crescente nel susseguirsi dei giorni è anch’esso ben riuscito e ora vengo ad illustrare l’aspetto che mette in crisi i giocatori meno pazienti: ovvero i lunghi e continui spostamenti a piedi da un capo all’altro della città ai quali bisogna abituarsi.
Questo è l’unico elemento davvero tedioso del gioco, in quanto si è costretti a ripercorrere decine di volte le stesse strade avanti e indietro, ma in fin dei conti non è niente di così drammatico. Sfuggire alle nubi tossiche, e camminare nei quartieri che vengono saccheggiati è spesso divertente, e riesce spezzare sufficientemente la monotonia dei viaggi a piedi.
Concludendo: Pathologic è affascinante, in grado di trasportare come pochi altri titoli all’interno di una catarsi ambientale quasi ipnotica, ricco di spunti riflessivi e di concetti ideologici, animato dalle storie dei vari abitanti che si intrecciano tra loro in un mosaico oscuro, ricco di menzogne, verità offuscate e verità taciute.
Menzione d’onore anche per gli splendidi finali (quattro in tutto).

Lo consiglio caldamente a chi cerca qualcosa di veramente diverso e fuori dal comune.