Lei avanzò di qualche passo. Intorno alei, nessuno osava più fiatare; umilmente coloro che le cedevano il passo si inchinavano in segno di rispetto. Lei ignorò quel gesto così inutile in quel momento.
Guardò il corpo steso a terra e non volle crederci, perché crederci sarebbe stato ben più che doloroso e l'avrebbe condannata ad un dolore più grande di quello che lei avrebbe potuto sopportare.
Guardò perché sapeva che era questo che gli altri si aspettavano. Guardò perché sentiva che qualsiasi altro gesto sarebbe stato offensivo. Guardò per convincersi della dura e crude realtà che aveva di fronte.
Lentamente lasciò cadere il mantello nero che le copriva le spalle da tempi immemori, che nemmeno lei ricordava quasi più.
Immediatamente un valletto si buttò per porgerglielo nuovamente, ma lei fermò quell'atto così servile con un gesto della mano fermo e secco.
Con lentezza si inginocchiò accanto a quel corpo che sentiva lontano, troppo lontano da lei, come in vita così in morte. Percorse con lo sguardo quei lineamenti, perfetti, immobili, per scalfirli nel marmo della memoria. Toccò con le mani il suo petto, le sue mani scultoree per imprimerle nella memoria della pelle, sempre presente nella sua vita.
Notò al suo collo un ciondolo che era sfuggito al suo sguardo; lentamente allungò una mano e glielo tolse per poterlo osservare meglio alla luce delle fiaccolo intorno a lei. Il ciondolo riproduceva in ogni minimo dettaglio la spada che era ancora alla sua cintola. Sulla spada era presente anche un'iscrizione latina:
''Sic pretiosa vita mea est, ita te, Regina mea''.
Improvvisamente, l'argine che aveva orgogliosamente eretto fino a quel momento, si ruppe e l'immenso, prorompente fiume di lacrime le sgorgò dagli occhi senza più alcun controllo.
Prese il ciondolo e se lo mise al collo, ignorando gli sguardi preoccupati e ansiosi dei suoi cavalieri.
Lentamente si altò, prese il suo mantello e se lo gettò nuovamente sulle apslle; poi, senza dire nulla, sollevò il corpo steso a terra e lo posò sul suo cavallo, Achille, uno shire nero come la notte; poi salì a cavallo pure lei.
Diede un ultimo sguardo ai suoi cavalieri, allibiti per ciò che stava facendo, e li salutò, per l'ultima volta. Fatto ciò, diede un forte colpo di talloni ad Achille che, quasi conoscesse il pensiero della sua padrona, si diresse verso il dirupo che dava sul mare.
Quando finalmente si fermò, scese con lentezza dal cavallo; prese con dolcezza il corpo e lo depose in una fossa naturale lì vicino. Poi, si tolse il mantello e lo depose sul corpo. Dopo avergli gettato un ultimo, lungo sguardo si diresse verso Achille e gli montò in groppa. Poi, prese la sua decisione. Improvvisamente diede un deciso colpo di talloni ad Achille e lo diresse verso la fine di quel dirupo, così antico e così importante.
Lei chiue gli occhi, fidandosi ciecamente di Achille, che non si fermò nemmeno quando sentì il terreno mancare sotto i suoi possenti zoccoli.
E quando lei sentì che Achille aveva lasciato il terreno e che erano ormai nel vuoto, seppe di aver fatto la cosa gisuta.
Prima di arrivare a contatto con il mantello freddo e scuro dell'acqua marina, gettò un ultimo pensiero verso il suo cavaliere, l'unico che avesse veramente avuto importanza nella sua vita: Giasone.
È un racconto di parecchio tempo fa...la frase in latino dovrebbe essere giusta, ma perdonatemi se non lo è, non riesco a ricordare decentemente le declinazioni e la costruzione della frase per dire che sia giusta al 100%