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 Oggetto del messaggio: Il Matriarcato : I Celti- Donne e dee.
MessaggioInviato: gio nov 18, 2010 12:48 
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Località: Valm Neira (da non confondersi con Valmiera, capoluogo di provincia lettone).
Presso i celti esisteva davvero il matriarcato? Sicuramente esisteva la matrilinearità. La donna poteva essere erede della fortuna di famiglia, e ottenerne gli averi e il titolo nobiliare, e tramandare ricchezza e nobiltà ai propri figli.
Tale pratica era sicuramente diffusa presso i Celti Insulari, e non per nulla sono matrilineari (o, per meglio dire, matronimici) gli antichi dei d’Irlanda, i Tùatha Dé Danann, letteralmente i le tribù degli dei di Danann, i discendenti della Dea Feconda.

Il nome di “Feconda” venne alla dea dal parto plurigemellare con cui diede alla luce tre capostipiti delle stirpi divine irlandesi: Goibhniu, Cian (Kian) e Sawan. A tale dea vengono attribuite relazioni con vari divini amanti e consorti. Ella sarebbe stata moglie di Bilè (il gallico Belenos) dio della Morte, con il quale generò Dagda. Poi si accoppio con questo suo primogenito, dal quale generò Ogma, dio della scrittura. La triade Goibhniu-Cian -Sawan sarebbe stata generata da lei e da un altro figlio suo, Dian Cecht, dio della Medicina.

La genealogia dei discendenti di questa disinvolta Magna Mater è complessa e controversa.
Dirò solo che discendente diretto dei Tùatha Dé Danann era il campione dell’Ulster, Cu Chulainn, protagonista del più celebre ciclo di saghe irlandesi. Egli era figlio di Lugh dio del Sole e del Fuoco, figlio di Kian. Lugh lo generò rapendo Dectera, saggia fanciulla e figlia di un druido. Il semidio dell’Ulster incontrò più volte, durante le sue avventure, personaggi femminili forti e disinibiti.

La saga denominata Tochmarc Emire, cioè il Corteggiamento di Emer, contiene una vesta sezione riguardante l’addestramento del campione. L’eroe, prima di potersi scegliere una sposa di nobile stirpe, Emer figlia di Forgall l’Astuto, deve completare il suo addestramento guerresco. Viene inviato in una sorta di tempio-accademia militare sull’isola di Skye. Ad addestrarlo è una donna, Scáthach. Questa fiera sovrana, sacerdotessa della guerra e profetessa non è l’unica figura di donna forte, abile alla guerra e libera di costumi che compare nella narrazione.
La figlia di lei, Uathach, non è una guerriera, ma non è neppure l’emblema della fanciulla sottomessa e dedita a virtuose attività femminili. Invaghitasi di Cuchulainn non si tira indietro di fronte alle occasioni di unirsi carnalmente con lui. Quando il suo legittimo marito li sorprende a letto il focoso “Irish lover” sfida a duello il cornificato e lo uccide. A questo punto non solo la fedifraga rimane impunita, insieme al seduttore assassino, ma il cadetto Cuchulainn viene premiato dalla madre della sedotta, che gli promette Uathach in sposa e lo prende ancor di più in simpatia, promettendogli persino l’amicizia delle sue cosce (sic).
La terza “donna forte”della storia è Aìfe, regina scozzese, acerrima nemica di Scáthach e terribile guerriera. Non fa una gran figura con Cuchulainn. Questi l’affronta nonostante il consiglio contrario della sua maestra e la sconfigge con l’astuzia: le dice che qualcuno le sta rubando il prezioso carro da battaglia e, mentre la guerriera si volta per vedere se il ragazzo dice la verità, il nemico l’afferra per i seni –letteralmente – e se la carica in spalla. La prigioniera ottiene salva la vita soltanto giurando di non guerreggiare più con Scáthach, concedendo al vincitore le proprie grazie e promettendogli di educare alle arti guerresche l’eventuale prole, così che un giorno possa incontrare il padre alla pari.
La storia del tragico duello tra Connla, figlio del campione dell’Ulster e di Aìfe è uno dei brani più epici della saga di Cuchulainn.

Questa la versione della leggenda che ci hanno trasmesso i manoscritti copiati nei monasteri irlandesi tra il settimo e il sedicesimo secolo. È una visione dell’antica età del ferro schermata da molteplici strati di cristianesimo. Alcuni particolari però brillano di uno splendore sfarzosamente barbarico Il ruolo delle donne è rilevante. Oltre alle fiere abitanti della Britannia, appena citate, è di fondamentale importanza anche la figura della regina Medb, regina del Connacht, signora della guerra e principale nemica dell’Ulster, alla quale è dedicato il poema più antico del ciclo dell’Ulaid, intitolato Conailla Medb míchuru (Medb strinse illegittimi contratti)

Le leggende irlandesi sono quindi ricche di figure femminili straordinarie, di potentissime regine e semidee. Fino a che punto però la leggenda rispecchiava la realtà della condizione femminile presso i celti?
Cosa dice la storiografia antica?
Quando i Greci vennero a contatto con i Galati rimasero sicuramente stupiti dalla presenza presso di loro di guerriere e di ambasciatrici.
Una delle prime regine guerriere celtiche ricordate dalle fonti antiche è Onomaris, regina degli Scordisci, una delle tribù di Galati che si stanziarono nei Balcani nel II secolo A.C. Il Trattato delle Donne illustri in guerra, piccola enciclopedia tardo antica delle guerriere, si chiude proprio con un paragrafo su questa eroina http://fjor.net/etome/grecoroman/onomaris.htm che narra di come la donna si impose quale capo della sua gente e la condusse attraverso l’Europa sud orientale, fin oltre il Danubio. Onomaris sottomise gli Illiri e li governò saggiamente fondando, a quanto pare, la cittadina di Belgrado.

Onomaris è però una delle meno conosciute tra le “amazzoni”celtiche. Di maggior fama godono due celebri regine dei celti insulari, Boudica e Cartimandua. Le loro storie s’intrecciano sullo sfondo delle ribellioni delle tribù celtiche contro i romani, nella Britannia del 1 secolo D.C.
Molto è stato scritto su di loro. Io faccio però notare un paradosso: Cartimandua era alleata dei Romani, Boudica loro nemica, eppure lo stesso Tacito parla con scorno della prima e con ammirazione della seconda. Boudica infatti, capo di una ribellione sanguinaria, distruttrice di Londra e Colchester, era una vedova casta, ingiustamente oltraggiata e corrispondeva, in qualche modo, all’ideale di matrona romana. Cartimandua, che non fu mai ostile ai romani e li chiamò in aiuto contro l’ex marito Venuzio che, dopo essere stato ripudiato dalla regale consorte si era ribellato non solo contro l’autorità della moglie ma anche contro quella imperiale, è considerata invece una donna scriteriata, che agisce spinta dalla superbia e dalla lussuria. Se l’audacia in battaglia delle donne celtiche era considerata cosa ammirevole la loro maggiore libertà sessuale era da biasimare.

La maggior fortuna di Boudica rispetto a Cartimandua è confermata dalla cultura popolare odierna. Se per tutto il medioevo e nessuna delle due regine è nominata, Boudica risorge dall’oblio in età elisabettiana (viene esaltata nelle Chronicles di Rapael Holinshed , 1577). Fletcher le dedica un dramma di in epoca Giacobita (Bounduca- 1610) rappresentato e rielaborato ancora nel XVIII secolo. Alla fine del ‘700 le viene dedicata un’ode patriottica e imperialista di Cowper. (Boadicea, an ode, 1782)
E’ però in età vittoriana che il mito della regina britannica diventa veramente popolare. Il poeta preferito da Her Majesty the Queen, Lord Alfred Tennyson, le dedico un’altra celebre ode. La matriarca celtica divenne un’antenata simbolica della regina Vittoria e non per nulla il principe consorte, Alberto di Sassonia-Coburgo, commissionò una grandiosa statua di Boudica da posizionare di fronte al parlamento. La statua fu terminata nel 1905, quattro anni dopo la morte della massima “incarnazione” del matriarcato britannico, e ancor oggi la regina celtica guida il suo carro da battaglia presso il ponte di Westminster, benedicendo (ironia della storia) proprio una delle città che vennero da lei distrutte.


Il matriarcato effettivo, con la possibilità per le donne di assumere posizioni di prestigio, di praticare il mestiere della guerra e di essere riconosciuta come capo da un popolo pare però caratteristica esclusiva dei celti insulari, mentre i Galli del continente si adattarono ben presto alle usanze romane, e le donne rivestirono presso di loro ruoli tradizionalmente matronali, anche se godevano di particolare prestigio come sacerdotesse.

Famosissimo è il brano di Pomponio Mela dal “De chorographia” – (Ovvero “De situ Orbis”). Terzo libro, paragrafo 48, che parla dell’isola bretone di Sein.

Cita:
Sena, in Britannico mari, ocismieis adversa litoribus, Gallici numinis oraculo insignis est. Cuius antistites, perpetua virginitate sanctae, numero novem esse traduntur: Gallicenas vocant, maria ac ventos concitare carminibus, seque in quae velin animalia vertere, sanare quae apud alios insanabilia sunt, scire ventura et predicare...


Sena, nel mare britannico, di fronte al litorale, presso gli Osismii, è degna di nota per l’oracolo della divinità gallica le cui sacerdotesse, si dice, sono nove vergini perpetue.
Esse sono chiamate Gallisenae; pretendono di calmare, con i loro canti e con i loro singolari artifici, i mari in tempesta e i venti e di trasformarsi in qualsivoglia animale. Sanno guarire quello che altri non riescono a guarire e sanno predire il futuro
.

Non ci è noto il nome della divinità alla quale le sacerdotesse si rivolgevano e neppure possiamo dire se fossero delle Banrui cioè delle druidesse. L’unica divinità femminile di una certa importanza nel pantheon celtico continentale era Belisama, dea che i romani identificavano in Minerva e che aveva un equivalente, presso gli irlandesi in Brigit, e presso i Britanni in Brigantia, (dea protettrice della tribù a cui appartenne la regina Cartimandua). Il culto di Brigit era riservato unicamente alle donne e alla dea irlandese erano consacrate diciannove sacerdotesse.

Del culto di Belisama sappiamo poco.
Riguardo a lei si possono solo avanzare ipotesi e suscitare suggestioni. Se era legata in matrimonio a Belenos, il Bilè degli Irlandesi non sarebbe forse da identificare nella stessa dea Danann? Oppure, se è davvero un equivalente di Brigit, figlia e moglie incestuosa di Dagda, dio dei Druidi, bisogna ipotizzare in lei una protettrice delle druidesse galliche?

Ci sono poi le sovrapposizioni tra il culto di Belisama e la devozione popolare cristiana. Se Santa Brigida d’Irlanda ebbe tanta fortuna in patria proprio a causa della sua omonimia, in Italia c’è... la Madunina....
Il simbolo totemico di Milano è la famosa Scrofa Semilanuta, animale prediletto della Dea. Si dice poi che sotto il Duomo di Milano esista un antichissimo laghetto ipogeo consacrato alla Dea. Quella del laghetto è probabilmente una bufala, ma è sicuro che la chiesa di Santa Tecla, sulle cui rovine è costruito il Duomo, era in precedenza un tempio di Minerva Belisama.
I celtomani padani costruiscono mille fantasie riguardo a tale culto. I pilastri e le guglie del Domm sarebbero il simbolo delle antiche foreste druidiche, e il vicino quartiere del Verziere altro non sarebbe che il loco ove un tempo sorgeva il boschetto sacro delle druidesse consacrate a Belisama.
Il duomo di Milano è l’unica cattedrale d’Europa ad avere una statua della Madre di Dio sulla guglia più alta. Altrove c’è una croce. La Madonnina altro non sarebbe quindi che un avatar della risplendente Minerva Belisama.

O, se preferite, della Dea Danann.

_________________
Who is who in Val Neira ha scritto:
Hoijemondijs Dodgloptris Nyrtjainnen
Sacerdotessa di Lloth del casato minore Nyrtjainnen. Vanta altri titoli come Sacerdotessa dei riti della Tenebra - Maestra del culto della Fertilità - Custode delle Estreme Sapienze, legati alle sue attività magiche
.

rose ha scritto:
Hoijemondijs è dio :sisi:
Mitternacht ha scritto:
Ah allora è con lei che me la prendo di continuo XD


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Matriarcato : I Celti- Donne e dee.
MessaggioInviato: gio nov 18, 2010 12:53 
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Iscritto il: sab mag 01, 2010 11:16
Messaggi: 657
:-X grazie! mi sarà utile! :clap:

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pallida come l'incenso, se ne sta lì, con la posa stanca dei secoli, eppure piena della forza della sua invulnerabilità


http://www.youtube.com/watch?v=5vGCFfYQMFk

:ikillyou:


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Matriarcato : I Celti- Donne e dee.
MessaggioInviato: ven nov 19, 2010 15:19 
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Hoijemondijs è un posso di scienza! :shock:

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Siamo simili in molti modi, tu ed io. C'è qualcosa di oscuro in noi. Oscurità, dolore, morte. Irradiano da noi. Se mai amerai una donna, Rand, lasciala e permettile di trovare un altro uomo. Sarà il più bel regalo che potrai farle.
Che la pace favorisca la tua spada. Tai'shar Manetheren!


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Matriarcato : I Celti- Donne e dee.
MessaggioInviato: lun nov 22, 2010 11:10 
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la mia opinione su di lei è riportata nella sua stessa firma :sisi:


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