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Teoria Fantasy

gio gen 24, 2008 16:35

Mi permetto di seguito, sperando di non errare sezione, di postare un recente lavoro che ho eseguito (premetto, per nulla completo, anzi, lungi dall'esserlo), riguardante il genere letterario Fantasy, le sue origini ed il suo sviluppo, utilizzato fra l'altro come Tesina per l'esame di Maturità 2007. Sono spiacente per la scarsa qualità dell'impaginazione e per l'assenza di immagini, ma in un forum questo è il meglio che son riuscito a fare. Se qualche raro e volenteroso Oscuro Personaggio fosse interessato, sarei ben lieto di inviare una copia completa del lavoro senza alcun problema. Desidero anche precisare che il seguente lavoro non deve essere assunto come verità assoluta, ma come un modesto tentativo di rendere omaggio ad un
genere tanto amato.

Fantasy, qui inizia la Storia


Trattazione: Storia della letteratura Fantasy

Indice Generale:

Introduzione: pag. III

Gli archetipi del Fantasy: pag. IV
- Mitologia Classica: pag. IV
- Mitologia Nordica: pag. VII
- Materia Bretone: pag. IX

I caratteri del Fantasy: pag. X

Gli autori: pag. XIII
J.R.R. Tolkien: pag. XIV
Simbologia degli scritti: pag. XVII
H.P. Lovecraft: pag. XX
Rituale per evocare Yog-Sothoth: pag. XXII
Michael Ende: pag. XXV
Il Regno di Fanta’sia: pag. XXVI
C.S. Lewis: pag. XXIX
Il Pensiero di Lewis: pag. XXX

Io e il Fantasy: pag. XXXI
- L’ultima difesa di Neckchek: pag. XXXII

Conclusione: pag. XXXIV

Bibliografia: pag. XXXV
Fantasy, qui inizia la Storia

Introduzione:

Esistono molte realta’,
ma la piu’ vasta rimane
la nostra mente... (Glaudel Gael)


Dall’inizio dei tempi l’uomo ha cercato di identificarsi, di rendere possibili i suoi sogni, le sue ansie, le sue paure, i suoi incubi piu’ profondi, le sue passioni e le sue molte maschere. Ha dato vita a religioni, culti, adorazioni, per questi ha combattuto, e’ morto per questi, oppure ha trionfato. Ma vi sono stati altri modi, piu’ delicati, artistici, leggiadri per rendere immortale la propria anima, e conferire sostanza al proprio spirito. Cosi’ nacque il Fantasy, un genere letterario piuttosto emarginato, da sempre considerato materia per fanciulli o sognatori senza speranza, rivelera’ invece la sua vera essenza, assumendo forme e ruoli che molte volte sono assai piu’ vicini alla realta’ di quanto non sia l’uomo comune. Il percorso che verra’ illustrato diverra’ un vero e proprio viaggio Omerico, tra difficolta’, insidie, sogni e magie, il tutto per definire e tratteggiare un mondo complesso quanto la mente umana. Dopo questa breve introduzione, sviluppero’ un primo percorso, attraverso le origini del Fantasy, seguendo la cronologia storica, e parlando delle eta’ che piu’ lo influenzarono, e ancor oggi lo influenzano. Quindi tentero’ di delineare i maggiori autori del genere, portando chiarezza sul loro pensiero filosofico, sul loro stile e su alcune delle opere maggiori, considerate manifesti di questo filone letterario. Come ultimo punto, una conclusione che esprima completamente la mia ammirazione e le motivazioni profonde che mi portano ad approfondire il genere Fantasy. Qui inizia la storia, come scrivo nel titolo, una storia che affonda le sue radici nei secoli dei secoli, quando ancora gli Dei attraversavano la Terra sui loro carri, e vivevano insieme agli uomini, dividendo amori, dolori e guerre...


Gli archetipi del Fantasy:

“Tra gli Dei annoverano
soltanto quelli che essi vedono”
(Cesare, De Bello Gallico, t. VI, 21, 2)


Le origini del Fantasy si perdono tutte nell’antichita’, nelle ere remote dove gli uomini creavano quelli che oggi chiamiamo miti e irridiamo come falsita’. Possiamo distinguere esattamente tre discendenze per questo genere:

-Mitologia Classica
-Mitologia Nordica
-Materia Bretone


Analizzeremo con precisione tutti e tre gli archetipi mitologici, e troveremo quindi i punti di contatto che furono ripresi nel Fantasy.


-Mitologia Classica:


“Dunque, per primo fu Caos,
e poi Gaia dall’ampio petto...”
(Esiodo, Teogonia, vv. 116-117,
trad. di G. Arrighetti, Milano,
Rizzoli, 1984)


Cosi’ racconta Esiodo nella sua Teogonia la nascita degli Dei immortali che sull’Olimpo vivono e reggono le vite degli uomini mortali, nati dall’argilla per mano del Padre degli Dei, onnipotente Zeus. Siamo in un’epoca di grande splendore, dove le civilta’ lasciano la terra dalle quali nacquero per dirigersi vero un’eta’ dell’oro che le avrebbe rese immortali al ricordo del genere umano. Si susseguono i miti, le leggende, e nascono Genesi per rispondere ai grandi quesiti dell’uomo, dare riposte illusorie ai suoi dilemmi. Nascono i piu’ grandi imperi dell’antichita’, e fra questi uno spicca per splendore e magnificenza, per la sua cultura e raffinatezza. Un impero sulle rive del Mar Egeo, che protendera’ i suoi arti sino in Asia, ai confini del mondo conosciuto. Il Pantheon greco, estremamente vario e polimorfo, rimane uno dei piu’ affascinanti da analizzare, ricolmo di significati e di simbolismo piuttosto particolareggiato. Si deve notare innanzitutto che ogni divinita’ appartenente a questo sistema, risponde come ogni altra entita’ divina ad una particolare inclinazione, per il bene o per il male. Zeus, Re degli Dei, di certo non e’ giudice imparziale, come nessun altro. Assume forma umana per sedurre numerosi fanciulle, dalle quali costantemente avra’ un figlio, destinato ad una fine piuttosto tragica, oppure a conquistarsi il suo posto nell’Olimpo. Di cio’ la sua consorte non sara’ mai felice, giacche’ in ogni modo ostacolera’ il cammino dei figliastro. Ogni divinita’ mantiene una sorta di contatto umano, come se altro non fosse se non una proiezione dei vizi e delle virtu’ degli uomini, ingigantite sino a divenir fin troppo palesi. E cosi’ ad ogni guerra, vi sara’ un Dio che parteggera’ per l’uno o l’altro esercito, magari solo per corteggiare una donna, o bastera’ un rifiuto per decretare la fine di citta’ intere, inghiottite dal mare o sepolte sotto cenere e fiamme. Tra l’uomo e la divinita’ troviamo sempre un essere intermedio, dalla capacita’ sovrumane, ma dallo spirito indissolubilmente legato ai suoi natali terreni almeno per meta’. L’Eroe, appiglio e ultima speranza del genere umano contro la malvagita’ e i soprusi, protettore dei deboli e degli indifesi, sottomesso agli dei che servira’ con costanza e rigore, ben conoscendo la loro netta superiorita’. Come Enea, uomo Pio, che segue la volonta’ del divino, inseguendo una terra per suo dominio, o come Ulisse, che fronteggiando la collera del dio dei Mari, scoprira’ quanto sia piccolo l’uomo di fronte all’immensita’ del potere immortale. Il destino per l’Eroe in fondo e’ gia’ tracciato, le Moire sanno quando egli dovra’ morire, e il suo posto nel cielo rimane scolpito da mano divina. Proprio questo il Fantasy riprende dalla tradizione classica, l’Eroe predestinato, il Prescelto che compira’ la sua strada, nel bene e nella giustizia, confidando nell’aiuto degli Dei, e per sua sorte terminando in gloria, sino a ricevere la ricompensa ultima, l’immortalita’ di un nome, come Achille ardentemente desiderava, sino a compire l’insano gesto di sacrificarsi, pur sapendo che il Fato gia’ aveva tessuto le sue trame. Anche la sottile umanita’ di questi Dei viene riprese e molte volte ironicamente accentuata, rendendo figure piuttosto grottesche, attingendo ai lati peggiori dell’animo umano, e creando superuomini dove l’invidia, l’odio, il vizio e l’immoralita’ divengono caratteri fondanti del loro spirito. Quali possiamo considerare brevi caratteristiche dell’epica classica?

Il Significato del Mito:

“E quelli allora ai Titani si opposero
in atroce mischia, munite le mani
possenti di rupi scoscese...”
(Esiodo, Teogonia, vv. 673-674)


Propriamente la parola Mito deriva dal greco Mythos, ovvero “favola” (che come vedremo in seguito ritornera’ nell’analisi), “racconto, narrazione, discorso”. Platone lo defini’
“racconto attorno agli Dei ed agli Eroi”. Tutti gli eventi che si svolgono trovano riposta nel volere degli Dei o nell’intervento di un Eroe. Possiamo trovare caratteristiche piuttosto ripetute all’interno della narrazione mitica:

L’argomento e’ sempre riferito alla sfera religiosa, narrando appunto la gesta di Divinita’ ed Eroi;
Gli Dei si manifestano sempre e solo per un motivo ben preciso, che tende ad ispirare gli uomini che assistono a tale apparizione (Epifania);
Il finale tragico e’ quasi sempre presente, dato dal fallimento dell’impresa eroica, che porta ad una visione piuttosto pessimistica della realta’;
I personaggi del mito sono ben definiti, con caratteristiche costanti, personalita’ piuttosto semplici ma pur sempre affascinanti ed immutabili;

Le origini dell’Epica:

“Noi siamo Achei, nel tornare
Da Troia travolti da tutti i
Venti sul grande abisso del Mare...”
(Omero, Odissea, libro IX, vv. 259-260)


Il termine Epica deriva dal greco Epos, il cui significato letterario e’ “parola, verso”, mentre propriamente significa “testo legato alla creazione di versi”. Il personaggio principale di questa narrazione e’ di certo l’Eroe, che compira’ un viaggio di formazione spirituale e fisico, che lo rafforzera’, conducendolo alla gloria immortale, o ad una fine predestinata. Pensando all’Epica, torniamo con la mente agli antichi cantori, gli aedi come la misteriosa figura di Omero, poeti che giravano per le polis, narrando queste vicende, appartenenti ad un passato non troppo distante dalla realta’ vissuta.

-Mitologia Nordica:


“Prima dell’Eta’ dell’oro di eroica
memoria, prima del C’era una volta
della memoria degli uomini, gli Alfi
salutavano la stessa aurora degli Dei”
(Claudius Expansyvhe, Manx le
Shentocieux Ruadh – Trilly Twyll Wiel – Barbygere Dhu, Les Chroniques Haegtesse)


Laggiu’, al Nord, prima degli inizi del mondo non era che Abisso: Ginungagap. A nord del Nord si estendeva Niflheim, il mondo del ghiaccio e delle nebbie. A Sud si trovava Muspelheim, il mondo del fuoco e delle brace ardente. I due mondi si sono incontrati al di sopra del nulla in un’esplosione di neve e di fiamme, di lave e di torrenti. Dalla fusione degli elementi contrari lungo la linea di saldatura dell’urto immane e’ sorta l’Ultima Tule. In mezzo agli scoppi, agli iceberg incendiati, a fumaioli pietrificati, a uragani di vapori, scaturi’ un gigantesco fremito di vita. Dapprima solo un ribollimento, una sorta di ruggito, una forma...un abbozzo che incomincio’ a ingrandirsi tra nubi e folgori. Cosi’ da queste antinomie cosmiche, casualmente unite da un’assurda attrazione, nacquero il Gigante Ymir, Aurgelmir l’ottuso, Hrimthurse, il Thurse repellente della brina, che vomito’ il proprio figlio Thrudgelmir dalle sue viscere d’argilla. E non e’ tutto: staccandosi dal limo prolifero all’eccesso, una grande vacca, dal nome grazioso di Audumbla ando’ a offrire a Ymir affamato una mammella turgida di quattro fiumi di latte. Come e’ strana la storia di questa nutrice ruminante, che non avendo neppure un filo d’erba da masticare, si mise a leccare il deserto di cumuli di neve ammonticchiati dal vento, a brucare i ciottoli, a succhiare la grandine, ripulendo bucolicamente la banchisa per liberare dal pietrame, dopo tre giorni di leccamento, nientemeno che...un dio! Il primo dio della creazione rivelato dalla ruvida papilla di una ingenua giovenca! Questo dio e’ Buri che generera’ Bor, il quale sposera’ Best, figlia di Bolthorn. E Best partorira’ Odino, Vili e Ve’. Ma intanto le forze creatrici non si erano limitate a Thrudgelmir, ed era nato Bergelmir. Oramai erano troppi su questo fazzoletto sacro di terra e il piu’ grande dovra’ pagare per tutti! Odino, Ve’, Vili uccisero Ymir: fiotti di sangue sgorgati dalla sue ferite inodarono e sommersero i Thurse dei ghiacci, troppo vecchi per poter nuotare. Soltanto Bergelmir sfuggi’ alla morte e fondo’ una genia di Giganti mossi da odio e da vendetta. Infine, quale soluzione migliore per sbarazzarsi dell’ingombrante cadavere di Ymir se non quella di gettarlo nel profondo del piu’ sicuro nascondiglio, l’Abisso dell’Oblio, al riparo da ogni curiosita’, il vuoto primordiale, Ginungagap! E per celare definitivamente il delitto nella terra che non esisteva ancora, il trio infernale fabbrico’ con le sue spoglie il pianeta! Senza che nessuno vedesse o sapesse, lo smembramento del cadavere ando’ a buon fine...i resti biancastri del cervello si dispersero formando nubi ai quattro angoli della voragine. Dappertutto le circonvoluzioni ovattate, le frange dilaniate dei lobi cerebrali si libravano a discrezione dei venti: cumuli, strati, nembi e quant’altro sospeso nell’atmosfera. Gli dei uccisori aguzzarono l’ingenio. La carne fu presto ridotta in concime, in un globo di terra la cui epidermide scomparve in virtu’ di un mimetismo ben congegnato. La capigliatura, i peli, la barba diventarono foreste, praterie, brughiere, boschi. Gli ossicini e i denti furono suddivisi sotto forma di colate e di smottamenti rocciosi lungo la spina dorsale e lo scheletro. Il sangue ribollente e’ convogliato in fiumi e torrenti, l’emorragia dilaga tra le coste, tra i rilievi, tra le regioni lanuginose delle cosce. La prudenza non e’ mai troppa! Le sopracciglia di Ymir, folte e cespugliose serviranno da fortezze contro un’eventuale invasione di Giganti vendicatori. Una verruca sara’ il torrione di questo imprendibile bastione: Midgard, le mura di cinta del Regno di mezzo. E per completare l’opera, come rifinitura e tocco d’artista, appenderanno gli astri e le stelle alla sommita’ del firmamento sottraendo qualche scintilla alle plaghe incandescenti di Muspelheim. Di Ymir non rimase traccia. Si felicitarono, si congratularono, tracannando ambrosia sotto le ghirlande di Asgard, la loro cittadella celeste... Ma ahime’, il cadavere riemergeva sempre in superficie; prima o poi si scoprono gli scheletri nell’armadio. Ben presto un brulichio di larve, comprese quelle della mosca cartaria, scaturi’ sai visceri purulenti dei Thurse. Rosicchiando la putrida argilla, un pallido sciame cieco si apri’ a tastoni la via verso la luce. Odino scorse le spire nerastre di questa sorta di rigetti geologici che indicavano l’avvicinarsi di immonde creature. Che potevano farne di quella fermentazione di Ymir che risaliva alla luce per testimoniare il delitto? Conciliarseli! Trattarli come alleati! E inoltre: dare un volto al grugno scavatore di vermi, una voce a questo cigolio inarticolato, una forma a questi budelli arrampicatori, un’intelligenza all’istinto che divora, uno sguardo...e perche’ non qualche potere? Una forza eccezionale? Ed ecco, Odino li munisce di una quantita’ di doti magiche e divine. Piu’ o meno cosi’ nascono i Nani eddici dei racconti della Mitologia Nordica.
Con il termine Edda, si va ad indicare un particolare racconto epico nordico (scandinavo, norreno, sassone) che parla ed esplica la storia della creazione, nonche’ le principali vicende di questi periodi post-Genesi. La Mitologia Nordica e’ strutturata molto similmente a quella classica. Il pantheon di divinita’ e’ sorretto da un Dio Padre, il Dio cieco Odino, che con la sua discendenza creera’ tutte le altre divinita’ minori, Thor signore delle tempeste suo figlio, l’astuto Loki, e la schiatta dei giganti sopravvissuti. Anche i temi affrontati sono speculari, il viaggio, la grande impresa dell’eroe reso poi immortale, la guerra cruenta contro nemici assai potenti per difendere il proprio onore, la propria terra. Soprattutto quest’ultimo rimane come tema fondante, la guerra, guerra che coinvolge l’intero creato, guerra che nella vita delle popolazioni che ritenevano loro religione questi culti, permeava le loro vite, rendeva loro ricchezze e possedimenti. La guerra vi era alla creazione di tutto, la guerra vi sara’ alla fine del Mondo, quando il giorno del Ragnarok squassera’ la terra, gli Dei lotteranno l’uno accanto all’altro contro orde di possenti assalitori, per poi cadere tutti nell’oblio delle fine. Solo allora Balder, il favorito di Odino, tornera’ alla vita con un uomo e una donna mortali, che riporteranno la vita sulla terra mortifera. I caratteri che sono stati assunti dalla letteratura Fantasy, rimandano di certo alle ambientazioni di quest’epica: le gelate steppe e le foreste di abeti della Scandinavia, la simbologia utilizzata da questi popoli, le rune segrete che solo i sacerdoti sapevano e avevano la conoscenza per interpretare, e soprattutto l’insieme di creature che permeano questi antichi racconti. Il piccolo popolo lo chiamano in lingua anglosassone (The Little People), Lutin in francese, generalmente definiti con termini spregiativi di elfetti, gnometti, fatine nella nostra lingua. Nei Miti nordici elevati da larve, poi al rango di divinita’, quindi di nuovo per superstizione a grottesche creature, e quindi con l’avvento del Fantasy moderno, e essere immortali, custodi e protettori della natura e del sapere universale, detentori della conoscenza arcana, perduta dagli uomini con il progresso.

-Materia Bretone:


“Accadde nei giorni di Uther
Pendragon quando fu Sire
di tutta l’Inghilterra...”
(Sir Thomas Malory, Le morte d’Arthur)


Tra tutta le forme di letteratura alle quali il Fantasy ha attinto, spicca di certo per importanza la Materia Bretone, caratterizzata da temi molto ben definiti, elementi di realta’ lontana e misticismo passato. Alcuni celebri esempi possono essere i racconti appartenenti al Ciclo di Re Artu’ e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Vengono a formarsi nel periodo erroneamente definito oscuro, il Medioevo, meglio dire tardo Medioevo, quando ormai gli ideali di cavalleria, onore, coraggio, sprezzo per la morte andavano cedendo il passo a nuove ideologie. Principali temi riguardano la formazione del Cavaliere, il suo percorso iniziatici, al servizio del suo Signore, devoto a lui e alla sua patria, che difendera’ col sangue se necessario. La cerca, ovvero la Quete, l’affannosa ricerca di un oggetto, normalmente il Santo Graal, la mitica coppa nella quale venne raccolto il sangue di Cristo secondo la leggenda. Un percorso che il Cavaliere affrontera’, ma che solo colui che risultera’ essere senza peccato riuscira’ infine a compiere. Il viaggio sara’ disseminato da numerose tentazioni, insidie, alle quali solo pochi riusciranno a resistere. Come racconta il poema cavalleresco proposto nella citazione iniziale del paragrafo, solo Sir Gahalad riuscira’ a raggiungere tale scopo, ed a ottenere l’illuminazione divina, tramite il ritrovamento momentaneo della coppa sacra. E’ facile intuire i caratteri che da questa letteratura ha attinto il fantasy: ovviamente la maggioranza delle ambientazioni, oscure e misteriose foreste, dove il potere antico fa sentire il suo peso, oppure cittadelle o castelli, tipicamente appartenenti al periodo Medioevale. Inoltre la figura principale di un romanzo classico Fantasy, ovvero il Cavaliere, la sua natura intima e nascosta, i suoi valori, completamente ripresi e riportati. La visione del mondo e della vita anche risulta variare di poco, i caratteri del linguaggio e dei termini utilizzati, estremamente arcaici, quasi a recuperare la scrittura tipica di quell’eta’ lontana. Infine cio’ che viene denominata con il generale appellativo di magia, ovvero la ripresa dei riti e del culto che frequentemente si ritrova nelle epoche in cui poemi cavallereschi e cicli carolingi sono ambientati.

I caratteri del Fantasy, come riconoscerlo?


“O salati, salati venti che cupamente spirate
Sulle aride profondita’ ondeggianti;
O selvagge e livide onde che alla mente richiamate
Il caos che la Terra s’e’ lasciato alle spalle:
A voi domando una cosa soltanto:
Fate che il vostro antico sapere rimanga ignoto!”
(H. P. Lovecraft, Ricordi)


Ora che abbiamo individuato il passato remoto del Fantasy, possiamo passare al suo passato recente, e all’evoluzione che ha compiuto, trovandone le diverse modalita’, e le caratteristiche piu’ riscontrabili ed evidenti. Non e’ facile affermare con certezza quando sia nato il genere Fantasy; possiamo tranquillamente dire che radici di una tradizione fantastico/fiabesca o fantastico/epica esistano da sempre. Come abbiamo visto, nomi come Beowulf, Achille o Orlando rievocano lo splendore e l’incanto dei tempi passati, ci fanno pensare a terre fatate, a mostri spaventosi e a grandi imprese; oggi giorno anche un nome come Conan puo’ far nascere simili pensieri. Come si e’ passati da una letteratura mitologica, epica e celebrativa ad una letteratura a volte riportante i medesimi valori, a volte puramente d’evasione? Come data d’inizio del Fantasy moderno si e’ soliti considerare il 1895, anno di pubblicazione di “The Wood beyond the World”, (in Italia “Il Bosco oltre il Mondo” – Empiria, 1993). William Morris e’ l’autore di quest’opera; forse qualcuno ha gia’ sentito parlare della sua produzione artistica. Morris fu per l’appunto oltre che scrittore anche architetto, artista, disegnatore e grafico, viene ricordato come una figura insolita e affascinante dell’ottocento inglese, strinse amicizia e collaboro’ con il preraffaelita Dante Gabriel Rossetti. Da quell’anno il Fantasy subi’ numerosissime evoluzioni parallele. Da un lato si giunse a testi ora considerati principi, quelli di J. R. R. Tolkien, Lewis e Ende, dall’altra ad altri livelli di letteratura Fantasy. Possiamo distinguerne brevemente le diverse tipologie:

-Fantasy classico: Riprende i caratteri propri degli archetipi presi in esame, dei quali approfondisce i tratti. La narrazione, inoltre, si arricchisce di profondi messaggi e mistiche visioni date dalla personalita’ dello scrittore;
-Fantasy epico (conosciuto piu’ come Epic Fantasy): Genere privo di spunti di riflessione, prende vita dalla trasmutazione dei caratteri del poema cavalleresco, ma le vicende rimangono piu’ o meno le stesse in ogni romanzo, rendendo cosi’ numerosi autori famosi per saghe interminabili, ma del tutto simili le una alle altre;
-Heroic Fantasy: Genere sviluppatosi in America grazie all’avvento di Robert Erwin Howard, creatore della saga di “Conan il Guerriero”, caratterizzato dalla presenza di un eroe costantemente vessato da maligni nemici, che compie imprese al di fuori della portata naturale;
-Horror fantasy: Corrente riportanti le caratteristiche dell’horror tradizionale, ma portate in un contesto privo di razionalita’ e impersonale;
-Fantasy fantascientifico: Si sviluppa in concomitanza con la fantascienza, e ne assume diversi caratteri, mantenendo pur sempre l’ideologia classica del Fantasy;
-Fantasy moderno: Ripresa dei caratteri del Fantasy classico, di cui ripete modelli e tematiche, proponendoli con un linguaggio piu’ fresco e adattabile alla nostra epoca. Ne risultano quindi racconti che subito di rimando fanno pensare ai romanzi di Tolkien o Lewis;
-Comic Fantasy: Ne fanno parte tutte le parodie che riprendono famosi romanzi e racconti, trasmutandoli in versione comica, ma mantenendo i caratteri originali del genere;
-Fantasy sperimentale: Ne fanno parte tutte le rimanenti correnti (gothic Fantasy, cyber Fantasy, Fantasy storico, liberty Fantasy, dark Fantasy...), che non trovano riscontro nelle altre categorie. Caratterizzato dall’utilizzo di numerose tecniche innovative in questo genere e piuttosto particolari, questo genere si e’ sviluppato negli ultimi anni, donando pero’ dei frutti inaspettati.

Si impone quindi l’urgenza di dare risposta alla domanda esposta nel titolo del paragrafo, come riconoscere un testo Fantasy? Quali caratteri di discriminazione sicura possiamo osservare? Questa analisi e’ fatto del tutto opinabile, nel senso che nessuno fino ad ora si e’ mai posto il problema di dare una precisa classificazione del genere come questa, quindi i risultati sperimentali vanno legati esclusivamente ad una vastissima conoscenza del genere, e ad un’accurata analisi di opere fondamentali e non. Osservando diverso materiale, racconti brevi, romanzi, o intere saghe, si notera’ che la caratteristica principale, l’unica forse che contraddistingue un romanzo Fantasy, e’ la presenza di un personaggio particolare, che indicheremo con il generico appellativo di “Cavaliere”. Generico perche’ non sempre questo e’ il ruolo da esso svolto, ma le caratteristiche rimarranno le stesse, precise e immutabili. Egli compira’ un viaggio, che lo portera’ lontano dalla sua vita quotidiana, dalla sua terra. Affrontera’ sfide terribili, e cerchera’ il suo vero io, la sua essenza, Cavaliere egli e’, per i valori che riporta, nel bene e nel male, poiche’ Cavaliere non solo e’ chi sequela via del bene, ma anche nella malvagita’, principi e regole sono rispettate. In questo caso non si parlera’ di antieroe, ma di eroe al negativo, un eroe che seguira’ la sua via, la sua morale, senza che questa si fondi su principi puri. Interessanti in questo caso molti testi, nei quali si possono osservare psicologie piuttosto complesse riguardo a personaggi dai caratteri votati all’oscurita’, se non alla perversione totale. Il Fantasy classico come genere deriva la sua denominazione dal termine inglese “fairy tale”, ovvero racconto di fate, le comuni favole che nonne e nonni raccontavano (oggi gia’ cosa rara) ai nipotini. In effetti della fiaba il Fantasy attinge alla componente magico-mistica, proponendo una morale di fondo, un piano di lettura particolare a seconda dell’ottica del lettore. Un Fantasy e’ estremamente polivalente: lo si puo’ vedere come un romanzo dilettevole, atto solamente a sollazzare e far trascorrere il tempo, oppure come un modo raffinato di estraniarsi per qualche tempo dalla realta’, immergendosi in mondi di assoluta immaginazione, provando sensazioni che sfuggono allo spazio e al tempo reali. Infine, quando la propria conoscenza in questo campo diviene assai piu’ ampia, e si arriva a coglierne la complessita’, giunge l’ultimo livello di lettura, quello retorico, ove non e’ piu’ la parola stampata ad attrarre la mente, ma il significato recondito che vi sta dietro, Diviene quindi il romanzo Fantasy un intreccio di pensieri che esulano dalla storia, ma rimandano a tematiche complesse e impronunciabili in altri casi, portano l’attenzione su temi piuttosto ampi, profondi, e misteriosi a volte. L’animo umano viene in essi scandagliato, e questo solo alle menti piu’ allenate non sfuggira’, anche se ai piu’, parlare di elfi o fate, di draghi o incantesimi, provochera’ un leggero motto di riso, un riso amaro, senza la coscienza di cio’ che in realta’ dietro a questi si coglie. Si arriveranno a cogliere complesse filosofie, pensieri assai potenti, di alto ragionamento. Il Fantasy, nella prigione che il mondo ci impone, diviene la liberazione da ogni catena, diviene un mistico legame con un mondo profondo, oscuro, il mondo dell’animo. Molti hanno tentato, chi con grande successo, chi con modesti risultati, ma entrambi, nel presente immediato, o molti anni dopo la loro dipartita, hanno ricevuto il meritato riconoscimento, per i loro sforzi, la loro passione, la loro indagine e fremente ricerca.

Gli autori, forme e stili di pensiero:

“Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”
(Dante Alighieri, Divina Commedia,
Inferno, Canto XXVI, versi 119-120)


Molti sono stati gli uomini e donne che si sono accostati al genere Fantasy, sapendolo interpretare con audacia, maestria e volonta’ di insegnare al mondo qualcosa, valori, ideali, pensieri rassicuranti o tremendi. Il Mondo da quei tempi e’ mutato, altri sono gli ideali ora, ma studiando i testi di questi precursori, ancora possiamo aver il sentore della loro genialita’, del loro candore o del loro modo di far rabbrividire sin nella coscienza ogni uomo. Presi in esame qui saranno i maestri, Tolkien, Lewis, Lovecraft ed Ende.

J.R.R. Tolkien, il professore che amava i Draghi:

“La fantasia e’ una naturale attivita’ umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione, né smussa l'appetito per la verita’ scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: piu’ acuta e chiara e’ la ragione, e migliori fantasie produrra’ ”
(J.R.R. Tolkien, Sulle Fiabe, Bompiani Editore, 2004)


John Ronald Reul Tolkien nacque in Sudafrica, a Bloemfontein nel 1892, dove si erano trasferiti dall’Inghilterra i suoi genitori per motivi di lavoro. La sua permanenza in Africa duro’ poco, visto che a soli quattro anni, dopo la perdita del padre, dovette tornare con la madre e il fratello minore in Inghilterra dalla famiglia materna. Ben presto Tolkien scopri’ il suo “vizio segreto” (come amava chiamarlo), ovvero la passione, per non dire amore, per le lingue. Le parole avevano su di lui lo stesso effetto che hanno le note musicali su un amante della musica, e fu proprio la musicalita’ di lingue scomparse come il gaelico o l’anglosassone che lo porto’ a cimentarsi nello studio di questi linguaggi, e ben presto all’approfondimento di altri ancora, come il gallese, il finnico il gotico, il greco. Tolkien non amava soltanto studiare lingue arcaiche o scomparse, ma si dilettava nell’operazione di invenzione di veri e propri linguaggi. Come egli stesso ebbe modo di dire: “...La tendenza all’invenzione linguistica, il combinare un concetto con un’immagine sonora e il godimento nell’osservazione del nuovo rapporto cosi’ instauratesi, non e’ abuso ma una cosa ragionevole. Il divertimento di questi idiomi inventati e’ addirittura piu’ vivo che nell’apprendere una nuova lingua”. Tutto ebbe inizio quando il giovane Tolkien ascolto’ per caso un gruppo di ragazzi parlare in "animalico" (o "animalese"), un linguaggio-gioco che si serviva esclusivamente di nomi di animali e numeri per comunicare qualsiasi tipo di informazione. Ad esempio "cane usignolo picchio quaranta" poteva voler dire "tu sei un somaro". Successivamente l'animalico venne dimenticato e sostituito da un nuovo idioma: il "Nevbosh", che storpiava in maniera irriconoscibile le parole inglesi sostituendole in alcuni casi con altre latine o francesi. Da allora l'interesse di Tolkien per le lingue non fece che aumentare. Nel suo saggio Inglese e gallese Tolkien ricorda il giorno in cui per la prima volta vide su una lapide le parole "Adeiladwyd 1887" ("Costruito nel 1887") e se ne innamoro’. Il gallese divenne una fonte inesauribile di bei suoni e perfette costruzioni grammaticali, un linguaggio melodioso a cui poter attingere per le sue future invenzioni linguistiche. Bisogna infine ricordare che lo stesso Tolkien, scrisse in una delle sue lettere che “nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro (Il Signore degli Anelli) e’ un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale. Ma e’ vero”. Le storie della Terra di Mezzo erano quindi servite unicamente a dare una collocazione (seppure fittizia) alle parole dei suoi linguaggi. Non era stato dunque il contrario. Tra le decine di idiomi inventati da Tolkien possiamo citare: L'Elfico primitivo (da cui tutto ebbe inizio);Il Quenya (l'antica e cerimoniale lingua degli Elfi);Il Sindarin (l'idioma elfico di uso comune);Il Telerin (il linguaggio degli elfi Teleri);L'Adunaic (la lingua di Numenor);L'Ovestron (la lingua comune);Il Doriathrin (la madrelingua di Luthien);Il Nandorin (la lingua degli Elfi Verdi);Il Khuzdul (la lingua segreta dei Nani);L'Entese (la lingua degli Ent);Il Linguaggio Nero (ideato da Sauron e parlato dagli Orchi). Presto rimase orfano anche della madre, la quale mori’ di diabete nel 1904: da lei Tolkien eredito’ non solo il patrimonio di saperi e sensazioni ricevute dai luoghi in cui vi aveva trascorso l’adolescenza, ma anche una grande fede nella religione Cattolica che lo accompagno’ per tutto l’arco della sua vita. La sua stessa concezione dell’attivita’ poetica e letteraria ne venne condizionata, tant’e’ che egli non concepi’ mai la sua creazione di storie un atto del tutto solitario, bensi’ si vide come un sub-creatore, ovvero come colui che, mediante l’utilizzo della scrittura e l’invenzione di storie, attinge ad una “verita’” eterna e ritrova quello stato di perfezione e di grazia che aveva l’umanita’ prima della sua caduta. Dopo la morte della madre, della formazione di Tolkien si prese cura il sacerdote Francis Morgan , presso il quale egli rimase sotto tutela fino alla maggiore eta’; grazie a lui fu salvato dall’indigenza e continuo’ a coltivare l’amore per i linguaggi approfondendolo con le letture in originale di testi epici e mitologici come il Kalevala e il Beowulf. Dalla lettura di questi poemi Tolkien attinse a quel repertorio simbolico e mitico che presto, insieme all’invenzione di linguaggi, costitui’ la materia prima che diede origine alla sua sub-creazione letteraria. I suoi primi racconti, infatti, risalgono al tempo in cui fu arruolato come fuciliere nella Prima Guerra Mondiale e a quando si rese conto, primo, che l’Inghilterra mancava di una vera e propria mitologia, e, secondo, che per sviluppare ulteriormente i suoi linguaggi inventati, doveva dare loro un retroterra storico nel quale ambientarli, dei popoli a cui farli parlare, cioe’ in poche parole che doveva dare loro una “mitologia”. Scrisse : “Le storie furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario. Per me prima viene il nome e poi la storia.” Nacque la “Terra di Mezzo”, luogo in cui furono ambientati i suoi principali racconti (“Il Silmarillion”, “Lo Hobbit” , “Il Signore degli Anelli”) nonche’ una mitologia che spaziava da una vera e propria cosmogonia a leggende e storie ambientate nelle Ere successive. Tornato dalla guerra, si sposo’ con la sua fidanzata Edith Bratt (dalla quale ebbe quattro figli), ottenne una cattedra come docente di Lingua Anglossasone ad Oxford e inizio’ una brillante carriera che lo rese protagonista ( prima che come scrittore di successo) nell’ambiente accademico per le sue ricerche, i suoi studi e i suoi contributi alla filologia. Da sottolineare, anche, l’importanza che per lui ebbe il gruppo informale degli Inklings, formato da altrettanti professori e scrittori tra i quali C.S. Lewis e Charles Williams, con i quali si riuniva in genere nei pub a leggere poemi, racconti personali, poesie, per poi discuterne fino a tarda notte. Ma, tornando alla sua attivita’, fu proprio mentre correggeva un compito di uno dei suoi studenti che inizio’ a scrivere su una pagina lasciata bianca :”...in una caverna sottoterra viveva un hobbit”, che non e’ altro che l’inizio del suo primo celebre racconto di successo “The Hobbit (Lo Hobbit)”, pubblicato nel 1937 dalla Allen&Unwin. “The Hobbit” ottenne immediatamente un grande successo tant’e’ che dalla stessa casa editrice gli venne presto suggerito di scrivere il seguito. Ricevette anche delle critiche di “escapismo” in quanto il suo racconto, ambientato in un contesto del tutto immaginario, favoriva, secondo i suoi critici, la “fuga dalla realta’”. Tolkien rispose alle critiche invitando a non confondere : “l’evasione del prigioniero dalla fuga del disertore”, sottolineando come le fiabe, oltre ad essere rivolte a tutti (adulti e bambini) avevano funzione di Ristoro, di Evasione e di Eucatastrofe; in poche parole, dicendo che esse attingevano dalla realta’ inventando un Mondo Secondario e che nella realta’ confluivano, dando a chi le leggeva: “la possibilita’ di attingere a realta’ perenni e permanenti e non transitorie come le cose fugaci e fuggevoli della vita moderna”. “Le fiabe parlano di cose permanenti, non di lampadine elettriche, ma di fulmini” disse Tolkien e da queste considerazioni emerge l’intera visione del mondo del Professore di Oxford, il quale era principalmente un conservatore anti-modernista. Solo una lettura faziosa e superficiale ha voluto accostare il suo nome al Nazismo; egli aborriva Hitler quanto Stalin, visti come due facce della medesima medaglia, non credeva alle “magnifiche sorti progressive”, detestava la prevaricazione dell’inglese sulle altre lingue e non condivideva quel “cosmopolitismo” americano che si andava prefigurando dopo la Seconda Guerra Mondiale. Insomma, la “prigione” dalla quale si trovava ad evadere il lettore era dunque quel mondo massificato , standardizzato e anonimo che stava sempre piu’ prendendo piede nella sua Inghilterra e in Europa. Questo non vuol dire che nei suoi racconti volesse inviare o trasmettere qualsiasi tipo di messaggio o altro; egli scriveva ed ha sempre scritto per il puro e semplice piacere di scrivere, cioe’ si preoccupava (prima di tutto) che chi leggesse i suoi racconti fosse divertito e compiaciuto dalle sue storie quanto lui. Era normale che il suo universo interiore potesse “travasare” nell’opera, ma egli non amava fare né prediche , né tantomeno sermoni (nonostante la sua natura di cattolico praticante), voleva solamente divertire. Scrisse infatti : “...Il Signore degli Anelli...e’ stato scritto per divertire (nel senso piu’ alto del termine), per essere leggibile. Non c’e’ nessuna allegoria nell’opera né morale, né politica, né del mondo contemporaneo.” Come seguito de “Lo Hobbit” Tolkien propose sia la grande opera mitologica a cui aveva iniziato a lavorare dalla Prima Guerra Mondiale (“Il Silmarillion”) che una serie di racconti per bambini come “Mr Bliss”, “Farmer Gile of Ham” o “Roverandum” ,ma il problema era che i primi erano ancora disordinati e complessi, e nei secondi mancavano proprio gli hobbit, protagonisti del racconto di tanto successo. Per questo Tolkien inizio’ a scrivere una nuova storia, seguito della precedente che ben presto pero’ si inseri’ nel mondo e negli avvenimenti che si riconnettevano al “Silmarillion” piu’ che al libro precedente. Nacque cosi’ il famoso “The Lord of the Rings” (“Il Signore degli Anelli”), iniziato nel 1937 e completato nel 1949. Il libro venne pubblicato piu’ tardi, tra il 1954 e il 1955, viste le vicissitudini con la casa editrice Allen&Unwin, poiché Tolkien voleva, contro il parere contrario di essa, che “Il Signore degli Anelli” fosse pubblicato insieme al “Silmarillion” . Alla fine acconsenti’ che fosse pubblicato solo il primo , diviso in tre volumi e venduto separatamente. Il libro riscosse subito enorme successo e ben presto venne pubblicato in un’ edizione non autorizzata anche in America. Fu proprio in America che nacque, nei campus universitari, il culto di Tolkien. I giovani hippy cominciarono a scandire slogans del tipo: “Frodo lives” (“Frodo e’ vivo”), “Gandalf for president” (“Gandalf presidente”) e molti altri ancora riguardanti i protagonisti della “Terra di Mezzo”. Sezioni e societa’ tolkeniane nacquero come funghi propagandandosi in Europa e in vari paesi del mondo. Lo stesso Tolkien , sommerso da lettere, pellegrinaggi alla sua casa, regali e altri doni, rimase colpito dal successo che avevano destato i suoi libri.. Ad un giornalista che gli chiedeva un parere su tutto cio’, egli rispose: “E’ l’Arte che li muove, ma loro non sanno da cosa ne sono mossi e se ne stanno rapidamente ubriacando. Molti giovani americani sono coinvolti dai miei libri in un modo completamente diverso dal mio”. Naturalmente questo non porto’ l’ormai anziano professore ad assumere un atteggiamento snobistico ed elitario verso di essi, tutt’altro! Egli corrispondeva con chiunque gentilmente gli chiedesse spiegazioni, approfondimenti e chiarimenti sulla sua opera (di tutto, oltre che delle altre lettere da lui scritte, si trova nell’odierna pubblicazione :“La Realta’ in Trasparenza, Lettere”). Nonostante il successo, Tolkien non abbandono’ mai il lavoro del “Silmarillion”, continuato con l’aiuto del figlio Christopher e pubblicato postumo da quest’ultimo nel 1977 (era iniziato nel 1917!). Sua moglie Edith mori’ nel 1971. Nel 1972 gli fu dato il Dottorato onorario in Lettere per la sua attivita’ di professore. Mori’ nel 1973. Da allora in suo nome parlano i fans, i club , i circoli culturali e le societa’ a lui intitolate in tutto il mondo. Indicatori del suo successo sono le cifre: i suoi libri hanno un successo che dura da cinquant’anni, la sua opera e’ stata tradotta in venticinque lingue ed ha venduto tra le cinquanta e le cento milioni di copie in tutto il mondo. Si dice che “Il Signore degli Anelli” sia il libro piu’ letto al mondo dopo la Bibbia. Anche in Italia, dopo una troppo lunga diffidenza, Tolkien, sull’onda della piu’ colossale trasposizione cinematografica de “Il Signore degli Anelli”, si appresta a diventare, come in tutto il mondo, un autore di massa e riconosciuto, e i suoi libri richiamano sempre piu’ migliaia nuovi lettori pronti ad assaporare e deliziare i luoghi e i protagonisti e le atmosfere della Terra di Mezzo.

Simbologia degli scritti:

“La letteratura fantastica richiede la cooperazione attiva del lettore, che segue il narratore e i suoi personaggi oltre lo specchio, in un universo apparentemente arbitrario, le cui leggi richiedono un’interpretazione mai definitiva. Per la sua instabile struttura, la Terra Fatata e’ in continua mutazione - ma una soglia va, comunque, individuata e oltrepassata con un atto di volonta’ “
(C. Pagetti)


E’ una familiarita’ con gli scritti e con l’autore (ma soprattutto con gli scritti...) che potremmo distinguere in tre diverse forme, tre approcci, tre livelli di approfondimento. A livello assolutamente superficiale i piu’ considerano Tolkien l’inventore, l’iniziatore o il “nume tutelare” della Letteratura Fantasy: cio’ in senso positivo (e piu’ che positivo: esiste un “culto” dell’opera di Tolkien) e negativo (l’atteggiamento di chi, con sufficienza, considera “Il Signore degli Anelli” uno sciocco racconto per bambini). Assunto in ogni caso errato, poiché non considera per esempio il precedente contributo, pur dilettantistico, di autori come Robert Erwin Howard (ciclo di Conan il Barbaro) alla definizione dell’immaginario “Heroic Fantasy”. Lettori piu’ attenti riconoscono indubbiamente il valore de “Lo Hobbit”, “Il Signore degli Anelli” eccetera; ammettono le capacita’ e lo spessore di Tolkien – serenamente valutandolo in base a criteri stilistici, strutturali e critici - ma, ancora, esclusivamente nell’ambito della Letteratura Fantastica. Chi ha voluto e saputo approfondirne la lettura, e indagare la figura dell’autore, colloca ormai Tolkien con certezza fra i grandi Classici della Letteratura del ‘900; di tutta la Letteratura del ‘900. Il mondo letterario e accademico anglosassone considera Tolkien non solo un abile romanziere, ma altresi’ uno dei massimi filologi, linguisti e studiosi di Letteratura Medioevale. La statura intellettuale di Tolkien e’ pari, per intenderci, a quella che in Italia si riconosce a Gianfranco Contini, Dario del Corno, Luca Canali, Natalino Sapegno. Le edizioni critiche di Sir Gawain e il Cavaliere Verde e del Beowulf curate da Tolkien (due celebri poemi medioevali) restano tutt’ora come pietre miliari. E a buon diritto. Meriti, conoscenza e comprensione profonda della Tradizione e della Letteratura che impongono una lettura del “Lo Hobbit” (e del “Signore degli Anelli”, del Silmarillion...) assai piu’ attenta di quella a cui il successo della recente trilogia cinematografica di Peter Jackson (e le “mode” a seguire...) ci invitano. L’impegno, il metodo, la costanza e il tempo dedicati da Tolkien alla narrativa sono pari a quelli applicati alla ricerca scientifica. L’analisi della “materia fantastica” delineata nell’articolo Sulle Fiabe (1939) suggeriscono anzi una stretta relazione fra i due campi d’interesse dell’autore. L’una non puo’ prescindere dell’altra, e – di conseguenza – all’eccellenza dell’una deve corrispondere quella dell’altra. Analizzando attentamente la simbologia della sua opera principale, “Il Signore degli Anelli”, notiamo diversi rimandi al suo pensiero, fortemente cattolicizzato e antiprogressista. Innanzitutto, la famosa Compagnia che viene ad instaurarsi, essa rappresenta il legame che deve crearsi tra gli uomini, di differenti culture (nel film razze, dato che vi si trovano Elfi, Nani, Uomini, Hobbit ed Istari. Essi lottano epr distruggere un Anello, simbolo del male supremo, dei valori fallaci a cui esso conduce, il facile potere, la gloria senza sforzo. Ostacolati da due fronti: da una parte Sauron, Signore Oscuro, rappresenta il male in Terra, la massima malvagita’, privo di coscienza o morale; in secondo piano il suo burattino Saruman, un tempo potente stregone di angelico sembiante, ora con una mente di ingranaggi, dara’ alle fiamme intere foreste, per costruire la sua macchina bellica di orchi. Esso e’ il progresso tanto odiato da Tolkien, il progresso che macina, annienta, spezza, distrugge e brucia tutto cio’ che si trova sul suo cammino. Quindi la lotta di Gandalf contro il Balrog, il demone di fuoco dei tempi Antichi. Egli e’ la personificazione del male antico, del male primordiale, del peccato che ogni uomo deve scontare, e solo con l’aiuto divino (Gandalf appunto), esso potra’ esser sconfitto. Tema fondamentale di tutto lo scritto e’ la speranza. Speranza di sconfiggere il male, speranza oscurata e a volte invisibile, ma che dentro ai cuori di ognuno viene avvertita, speranza di mutare la personalita’ dell’orribile Gollum, di distruggere quell’anello, che impregnato di poteri oscuri attira l’uomo, come l’uomo sempre e’ attirato dalla sublime oscurita’, senza limiti o dolori, senza tormenti o fatiche, fino al crollo nell’Abisso.

Re: Teoria Fantasy

gio gen 24, 2008 16:37

H.P. Lovecraft, l’orrore che viene dalle stelle:

“Non e’ morto cio’ che in eterno puo’ attendere, E col passare degli anni anche la morte puo’ morire.”
(H.P. Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu)


Molti grandi artisti, sino alla loro morte vennero considerati meno di niente, solo dei poveracci incompresi. Ma a volte la fortuna, benché per pochi anni prima della loro fine, li illumina come un’ardente fiaccola, rendendoli leggende viventi. Questo e’ il caso di un artista nel campo del fantasy che molto ha fatto parlare di se, nel bene e nel male. Howard Phillips Lovecraft e’ il suo nome, scrittore di chiara fama, ma per troppo tempo, e sino ad ora sconosciuto da molti appassionati del genere. Lovecraft di certo non e’ possibile definirlo come uno scrittore comune di Fantasy, i caratteri che egli utilizza nelle sue opere son ben differenti da quelli considerati standard in molti romanzi commerciali o fin troppo osannati. Per questo viene messo in secondo piano, benché la sua abilita’ e il suo stile rimangano vividi nelle menti dei piu’ preparati. La vita di Lovecraft fu una vita carica di miseria e dolori, sin dalla sua infanzia. Il naufragio fu una condizione di partenza. Dalla piu’ tenera eta’, come ricorda in alcune sue lettere, egli rammenta incubi tremendi, causati da eventi disastrosi, la vergognosa morte del padre in un manicomio, la rovina della famiglia e l’inizio della follia materna. La madre iper-protettiva gli impediva schernendolo di giocare con i suoi coetanei, egli gia’ malaticcio e debole di nervi, indottrinato da letture settecentesche che non giovavano alle sue ansie, frustrazioni e sconfitte lo resero sempre sull’orlo della crisi. Da solo dovette lottare per divenire quello che ora viene considerato l’unico scrittore in grado di sostenere il passo con Edgar Allan Poe. Egli, perseguitato da quegli incubi che sin dall’infanzia si era creato, sfogava il suo dolore e la sua stanchezza nella scrittura. Ed in essa riversava tutte le sue angosce piu’ profonde, i suoi incubi prendevano forma e divenivano esseri orribili, dalle parvenze indefinite ma dallo scopo preciso. Come le sue paure l’unica cosa che essi ricercavano era il dolore dell’uomo, delle sua sanita’ mentale. Nato a Providence, nel Rode Island, il 20 marzo 1890, il 15 marzo del 1937 muore nella camera di un ospedale, a causa di un diagnosticato tumore all’intestino. Contemporaneo di Tolkien, di Asimov Bradbury, di cui leggera’ ogni opera, e sara’ entusiasta di esse. La sua carriera non si apri’ come scrittore affermato di libri, ma su riviste di fantascienza e fantastico in voga in quegli anni negli Stati Uniti. Weird Tales fu la principale, di ottima fama e con una buona tiratura nazionale. Da quando inizio’ a scrivere i suoi immaginifici racconti, milioni di fans riusci’ a portarsi appresso, che lo sostennero affinché continuasse fino all’ultimo la sua carriera. Le sue storie possono essere di certo considerate fantasy, dato il loro carattere onirico e fantastico, ma di certo nella categoria horror trovano il loro massimo. Sono racconti scritti per far provare vero terrore, per indurre nel lettore un orribile senso di timore verso tutto quello che l’infinito cela, verso gli spazi illimitati che ci sovrastano. Protagonista dei suoi racconti sempre un solo uomo o donna, scienziato o letterato che sia, al principio strenuo difensore del motto “A quel che non vedo non credo”. Le sue opere portano tutte alla tragica e crudele conclusione che l’uomo paragonato all’intero universo, non e’ altro che un insignificante essere, dominato da paure aliene e imperscrutabili. Su di lui vengono costantemente puntati occhi malvagi, che lo scrutano e spiano i suoi movimenti, attendendo. Sono gli occhi di entita’ al di fuori delle sfere del tempo e dello spazio, che abitano dimensioni prive di alcun pensiero e dimensione. Esse dominano sull’universo, gli Antichi e i loro adepti, signori crudeli di grandi mali. Si celano sotto forma di altri esseri sulla terra, vivono in perdute citta’ sul fondo dei neri abissi, o nel profondo delle viscere del nostro pianeta. Per chi li incontra l’orrore e il disgusto saranno il meno, perché la loro sola vicinanza porterebbe chiunque alla pazzia, inconcepibili da ogni mente sana e razionale, essi hanno le abitudini piu’ perverse e i riti piu’ blasfemi esistenti. Ogni romanzo di Lovecraft e’ intriso di diabolicita’, ove la speranza e’ dal principio solo un vago ricordo. Non vi e’ speranza, ne’ fede. Il dio convenzionale non esercita nessun potere e nessun miracolo. Ogni uomo e’ in balia di queste blasfeme entita’, il cui unico scopo e’ esercitare il loro dominio totale e portare la distruzione, l’Armagheddon. Il piu’ famoso di queste terribili divinita’ e’ senz’altro il poderoso e grandioso Cthulhu, incarnazione della voglia di emergere dall’abisso, sempre pero’ battuta dalla sorte avversa. Egli dimora, come scritto nel romanzo “Il richiamo di Cthulhu”, in una cittadella sommersa, nella quale attende sopito il suo grande risveglio. Da questo racconto venne persino estratta l’dea per un gioco di ruolo, basato appunto sul pantheon e sulle vicende lovecraftiane, che prende il titolo da questo piu’ celebre racconto. Lovecraft era comunque un uomo, e come tale amava anche prendersi gioco utilizzando le sue capacita’ delle menti altrui. Fu egli l’autore di uno degli scherzi letterari piu’ grandi della storia, il ritrovamento del testo maledetto, il famigerato Necronomicon , scritto in tempi antichi dall’arabo pazzo Abdul Alhazred, il quale avrebbe trovato il modo di aprire dei passaggi per raggiungere queste straordinarie entita’ ed evocarle. Ovviamente si trattava di una colossale burla, ai danni di letterati e studiosi, i quali pero’ caddero finemente nell’inganno, attratti da questo arcano libro magico. In seguito altri autori cercarono di rendere vero questo scherzo, scrivendo basandosi sui lavori e sugli appunti di Lovecraft un libro intitolato proprio come il tomo maledetto. Riporto qui la parte piu’ significativa, il rituale per aprire il passaggio principale.

Rituale per evocare Yog-Sothoth e aprire il Passaggio:

L'ESCLUSIONE.

Zazii, Zamaii, Puidmon il Potente,
Sedon il Forte, El, Yod, He, Vau, He,
Iah, Agla, proteggimi e aiutami mentre io evoco il Passaggio!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi dal Nord!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi da Est!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi da Sud!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi da Ovest!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi dallo Zenith!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi dal Nadir!
Il Cerchio Infuocato chiude ogni cosa dentro!
Draba, draba, kalta, kalta, entemoss!
Il Cerchio Infuocato chiude ogni cosa fuori!
Draba, draba, kalta, kalta, entemoss!
Accar, Zour e Maroud! Chiudete il cerchio e non permettete a nessun diavolo di passarci attraverso!
Draba, draba, kalta, kalta, entemoss!

L'EVOCAZIONE.

Per Adonai Elohim, Adonai Jehova
Adonai Sabaoth, Metraton Ou Agla Methon,
Verbum Pythonicum, Mysterium Salamandrae
Cenventus Sylvorum, Antra Gnomorum
Demonia Coeli God, Almonsin Gibor
Jehoshua Evam Zariathnatmik, Veni, Veni, Veni!
Ascoltami!
Re dello spazio infinito!
Motore dei pianeti!
Il Fondatore della velocita’!
Il Sovrano dei terremoti!
Il Conquistatore del terrore!
Il Creatore del Panico!
Distruttore!
Il Vincitore splendente!
Figlio del Caos e del Vuoto!
Guardiano dell'Abisso!
Dio delle Estreme Oscurita’!
Signore delle Dimensioni!
Conoscitore dei Misteri!
Guardiano dei Segreti!
Signore del Labirinto!
Vertice degli Angoli!
Maestro dei gufi
Punto Omega!
Signore del Passaggio!
Colui che apre la Strada!
Il piu’ Vecchio!
Tutto-in-Uno!
L'unico protratto nella vita!
Umr At-Tawil!
Iak-Sathath!
YOG-SOTHOTH NAFL'FTHAGN!!!
I tuoi servi ti chiamano!

APRIRE IL PASSAGGIO.

Yog-Sothoth conosce il Passaggio.
Yog-Sothoth e’ il Passaggio.
Yog-Sothoth e’ la chiave e il guardiano del Passaggio.
Passato, presente e futuro, tutto e’ uno in Yog-Sothoth.
Per cio’ che non puo’ essere nominato,
Per Azathoth,
Per Nyarlathotep,
Per Shub-Niggurath,
Per i due serpenti,
Per cio’ che creo’ il Vuoto,
Per Kadath nel Desolato Freddo,
Per il Plateu del Leng,
Per Yuggoth,
Per la lente lunare,
Per l'Imprigionato,
Per il Libero,
Per Samas, Gibil e Nusuku,
Per l'Alto Nome di Ea,
Per i Sette Demoni,
Guardiano, lascia che il Passaggio sia aperto!
Per il Caos,
Per il Vuoto,
Per la Luce,
Per le Tenebre,
Per l'Aria,
Per il Fuoco,
Per l'Acqua,
Per la Terra,
Chiave, apri il Passaggio!
Per il mio giuramento impaurito,
Lascia che costoro che vogliono uscire escano!
Lascia che costoro che vogliono entrare vengano!
Lasciaci guardare nella Luce Nascosta!
Lasciaci guardare nelle Cieche Tenebre!
Squarcia il Velo!
Rompi lo Specchio!
Rivela l'Illusione!
Osserva, il Passaggio si apre!
Osserva, i Nodi sono riempiti di Potere!
Osserva, le Linee sono riempite di Potere!
Osserva, gli Angoli contorti e aperti!

Parole oscure, ricche di misticismo che infiammo’ le menti dei piu’ grandi letterati, partiti alla ricerca di copie perdute. Questo ebbe il potere di compiere Lovecraft. Il potere di condurre a nuove vette l’orrore, il potere di darci la sensazione che l’intero universo sia contro di noi, che forze misteriose giochino con le nostre vite, il potere di riversare tutto questo in poche pagine ricche di mistero.

Michael Ende, l’uomo di Fanta’sia:


“Questa e’ un’altra storia,
e si dovra’ narrare un’altra volta”
(Michael Ende, La Storia Infinita )


Particolare l’operato di questo scrittore tedesco di fine secolo, nel suo capolavoro piu’ conosciuto, La storia Infinita, egli affronta un percorso alternativo a quello dei consueti scrittori. La grande tematica sviluppata da Ende, cardine del libro La storia infinita, e’ il potere creativo assoluto della fantasia, matrice di tutte le storie possibili. La fantasia ora e’ una forma di salvezza da un mondo arido, divorato da un'economia impersonale e calcolistica (Momo); ora e’ una porta d'accesso quasi mistica a mondi ulteriori che vivono in simbiosi con la realta’, due lati di uno specchio che non possono fare a meno l'uno dell'altro; ora e’ una sorta di possessione allucinante, che dissolve la stessa realta’ in un sogno tra i sogni, il mondo concreto inglobato dalla visione, ridotto solamente a una delle infinite storie possibili. Cosi’ in Momo la fantasia e’ una sorta di elisir in grado di salvare il mondo, di insufflare la vita in un tempo che rischia di divenire meccanico, morto. Cosi’ anche ne La storia infinita, dove tuttavia non e’solo la fantasia (ipostatizzata nel regno chiamato appunto Fanta’sia) ad essere minacciata dal nulla (nella prima parte del libro), ma e’ essa stessa a potersi trasformare in una minaccia, quando al servizio di un delirio egoico di onnipotenza (nella seconda parte del libro). Viene comunque confermato il suo valore creativo e di sana fuga da un mondo spesso difficile da vivere e, come tale, da ritrasformare, contro quanti, anche nel corso della storia della cultura, hanno invece ritenuto la fantasia stessa un fattore di irresponsabilita’. Completamente diversa la questione ne “Lo specchio nello specchio” o “La prigione della liberta’”, dove, palese la lezione di Borges, la dialettica tra reale e irreale, tra sogno e veglia, e’ presentata come conflitto drammatico, angosciante, lacerante, solo a tratti sereno, tendente verso l'astratto, quasi una pulsione di morte nirvanica.

Il Regno di Fanta’sia:

Il Regno di Fanta’sia o semplicemente Fanta’sia (Phanta’sien nell'edizione originale tedesca) e’ il luogo in cui sono ambientate quasi tutte le vicende del romanzo La storia infinita. Assai vario e complesso, in esso valgono leggi molto diverse da quelle del mondo reale. Spazio e tempo sono, insieme al Nulla e ai vari personaggi, due protagonisti de La storia infinita. In particolare, lo spazio domina la prima parte del libro, spingendosi anche oltre fino all'episodio del Tempio delle Mille Porte (cap. XVI. Amarganta, la Citta’ d'Argento); il tempo domina invece la seconda parte, sovrapponendosi allo spazio nei cap. XIII-XVI. Insieme costituiscono dunque le coordinate e l'ossatura del Regno di Fantasia. Fanta’sia non ha confini: si estende in modo illimitato in ogni direzione. Gli stessi Giganti del Cielo, ovvero i quattro venti dei Punti Cardinali, confermano questo dato di fatto. L'unico modo per gli abitanti di Fanta’sia per giungere nel nostro mondo, e’ farsi inghiottire dal Nulla divenendo menzogne, manie, ossessioni. Ma, come ribadisce l'Infanta Imperatrice, questo e’ un "modo sbagliato". Il "modo giusto" possono metterlo in pratica solo i Figli d'Adamo (gli uomini), visitando Fanta’sia e facendo ritorno al proprio mondo, anche piu’ e piu’ volte. Il fatto che Fanta’sia non abbia limiti fisici, tuttavia, non significa che non abbia "confini" in senso lato. L'Infanta Imperatrice, per esempio, non puo’ recarsi alle Acque della Vita, perché quel luogo le e’ negato e vi e’ dunque, per lei, una barriera invalicabile. Inoltre, proprio le Acque della Vita costituiscono un passaggio dal Regno di Fanta’sia a quello degli uomini, il che equivale a dire che i due mondi "confinano". Piu’ complesso, rispetto al concetto di "confine esterno" del regno, e’ quello di "confine interno". A Fanta’sia, infatti, "vicino" e "lontano" sono categorie piuttosto late: la distanza e’ un concetto relativo che cambia a seconda di chi sta viaggiando e di dove vuole andare. Non e’ solo una "geografia della mente" (la géographie di cui parla Bachelard), ma persino una "geografia dei desideri" Disegnare una mappa di Fanta’sia, cosi’ come ha fatto Tolkien per la Terra di Mezzo, e’ impossibile. Ogni luogo cambia di continuo posizione, sia esso una citta’, una montagna, una palude e via dicendo. Non si tratta, tuttavia, di un meccanismo simile a quello di Labyrinth, dove il labirinto muta aspetto in modo imprevedibile. Un posto, come e’ evidente nell'episodio del Tempio delle Mille Porte, risulta "piu’ vicino" o "piu’ lontano" in base a sé e quanto si desidera raggiungerlo e, ovviamente, a dove ci si trova mentre lo si desidera. Un concetto importante e’ che un luogo non occupa la stessa posizione per ciascuno dei suoi abitanti: esso confina, contemporaneamente, con tutti i luoghi in cui si trovano i viaggiatori che intendono arrivarvi. Pertanto, la geografia di Fanta’sia viola una delle leggi fondamentali della fisica classica, comportandosi quasi (ma questo Ende non poteva saperlo) come un quanto: ogni luogo ha una posizione relativa, mai assoluta, che dipende dall'ambiente circostante, dal contesto, da chi lo osserva, dai desideri. Da un lato in Fanta’sia il tempo funziona nel modo in cui noi lo conosciamo, scorrendo sempre in avanti: cio’ lo si puo’ dedurre da alcuni indizi. Nel capitolo XVIII. Gli Acharai, c’e’ un preciso riferimento a Scexpir - trascrizione approssimativa di Shakespeare - come a un antico visitatore del regno. I cavalieri che accompagnano Bastiano cantano, infatti, i due versi iniziali di una canzone a attribuita al drammaturgo inglese, (Vento e pioggia, in originale Wind and Rain):

“Quando ero bambinello op lala’ tra vento e pioggia”
(“When that I was a little tiny boy with hey, ho, the wind and the rain”)


Cio’ suggerisce che il tempo passato nel mondo reale, dalla visita e in generale dall'epoca di Shakespeare, coincida con quello passato nel Regno di Fanta’sia. In entrambi i casi, infatti, l'episodio appare lontano, seppure non sia specificato quanto. Il susseguirsi di passato, presente e futuro, in generale, obbedisce solitamente alle medesime leggi fisiche che tutti conosciamo. Tuttavia, come avviene per lo spazio, esso e’ pero’ piu’ fluido e incline al cambiamento: l'intervento della fantasia dell'uomo modifica lo scorrere del tempo facendolo diventare quindi anche un concetto piuttosto relativo. La fantasia che, come forza creatrice, rimane comunque prerogativa esclusiva degli umani, ha il potere di immaginare il futuro, inventare il presente, cambiare il passato. Puo’ accadere che il presente influenzi il passato modificandolo: l'invenzione di una storia, ad esempio, non ha effetto solo nell'immediato ma va alle radici stesse, come fosse sempre esistita. Un esempio concreto si ritrova nel momento in cui Bastiano racconta le origini di Amarganta e della sua biblioteca; cio’ che viene pronunciato si realizza via via che la narrazione procede. Alla fine, non solo "compare" al centro di Amarganta un edificio (la biblioteca) che prima non c'era; gli abitanti affermano addirittura che fosse sempre stato li’, chiuso da tempo immemorabile, e che nessuno di loro ne conoscesse la funzione. Il processo creativo della fantasia e’ quindi reso un semplice processo di conoscenza di qualcosa che esisteva gia’. Lo stesso meccanismo puo’ essere applicato al futuro: se viene immaginato e dunque raccontato, inizia ad esistere prima del presente. In diversi punti del romanzo avviene che l'invenzione e la narrazione da parte di Bastiano, producono eventi che si svolgeranno effettivamente, seppure spesso con risvolti imprevisti. Come gia’ per il concetto di spazio, si verifica una condizione che, nel mondo reale, e’ assurda ed impossibile, se si esclude la meccanica quantistica ad Ende sconosciuta. Vi sono, poi, diversi casi in cui il tempo di Fanta’sia ha caratteristiche del tutto singolari, soprattutto per quanto riguarda il passato e il significato da attribuire alle espressioni "da sempre" e "per sempre". Per capire come Ende reinventa queste due categorie, ricorriamo ad un esempio pratico. Quando Bastiano chiede a Graograma’n “Sei davvero qui da sempre?” (cap. XV), pone questa domanda per risolvere un enigma per lui incomprensibile: se il deserto di Goab e’ nato la mattina prima per un suo desiderio, come puo’ essere che ci sia sempre stato? La risposta di Graograma’n e’ esauriente e senza appello: “Ma tu non sai che Fanta’sia e’ il Regno delle Storie? Una Storia puo’ essere nuova eppure raccontare di tempi immemorabili. Il passato nasce con lei”. Ende, dunque, piu’ che reinventare effettivamente la categoria del tempo, rende esplicito in un romanzo d'avventura – fantasia - formazione (invece che in un saggio) cio’ che si nasconde dietro la semplice formula del "C'era una volta...". Quando noi inventiamo una storia e la raccontiamo per la prima volta, fingiamo - in realta’ - che quella storia sia antichissima, sia sempre esistita e, quindi, che le cose che raccontiamo siano accadute in un tempo cosi’ lontano (da sempre) che e’ difficile persino conservarne memoria. Si tratta del cosiddetto tempo mitico, che ha si’ lati di contatto con quello storico, e tuttavia si perde in quella che potremmo definire "la notte dei tempi". E’ anche, in definitiva, un tempo ciclico, poiché gli eventi si ripetono uguali (per sempre) ogni volta che la storia viene raccontata. Da una Storia non possiamo aspettarci che il finale cambi, o che sia diverso anche solo un particolare; ci aspettiamo al contrario, come da un film, che la storia sia sempre la stessa, per l'eternita’. Immutabile, appunto, da sempre e per sempre. Da notare infine che non esiste come in Tolkien una perfetta dicotomia tra bene e male, consona ai principi dell’eresia manicheista, dove il bene e il male sono concetti, entita’ astratte impossibili da unirsi, ma bensi’ troviamo un perfetto spirito di armonia. Bene e male esistono, e ognuno ha proprie caratteristiche, ma coabitano, retti dal principio di libero arbitrio che la stessa Infanta Imperatrice porta avanti. Ognuno e’ libero di fare cio’ che desidera, nel bene e nel male, in ogni caso l’equilibrio verra’ sempre rispettato, con quella dose di fortuna, che il drago Fucur non manchera’ di portare.

C.S. Lewis, il Grande Favolista:

“La gratitudine guarda al passato e l'amore al presente; paura, avarizia, lussuria e ambizione guardano al futuro”
(C.S. Lewis)


Clive Staples Lewis (Belfast, 29 novembre 1898 - Oxford, 22 novembre 1963), fu scrittore, studioso di letteratura medioevale e filologo irlandese. E’ l'autore del ciclo di romanzi Le cronache di Narnia. Spesso indicato semplicemente come C. S. Lewis, fu docente di lingua e letteratura inglese all'universita’ di Oxford, dove divenne amico dello scrittore J. R. R. Tolkien col quale - insieme anche a Charles Williams ed altri – fondo’ il circolo informale letterario degli Inklings. Lewis ottiene una enorme fama come scrittore per l'infanzia dal successo della serie di fiabe moderne scritte tra il 1950 ed il 1956 che compongono la saga de Le Cronache di Narnia. Si tratta un ciclo composto da sette libri che parlano delle avventure di quattro ragazzi, i quali per sfuggire dai bombardamenti di Londra si rifugiano in campagna e qui in una vecchia soffitta scoprono un armadio magico tramite il quale si accede ad un mondo fantastico in cui e’ sempre inverno ma non e’ mai Natale; questo e’ inizialmente il regno di Narnia. Ma Narnia grazie ai quattro ragazzi dopo molte vicende diventera’ un mondo magnifico in cui la natura trionfa. Il nome di Narnia era conosciuto a Lewis fin dall'infanzia, infatti nel suo atlante latino era sottolineato nella cartina d'Italia la citta’ di Narnia ora chiamata Narni. La casa di produzione Walden Media sta trasformando Le Cronache di Narnia in un ciclo di film. Il primo episodio Le Cronache di Narnia: Il Leone, la Strega e l'Armadio e’ uscito nel 2005; e’ stato il secondo film per incassi del 2005 in Nord America. Nel 1955 pubblica Sorpreso dalla gioia (Surprised by Joy) una autobiografia che ripercorre la sua vita dall'infanzia fino all'eta’ adulta e che rappresenta una fonte fondamentale per comprendere la visione del mondo di Lewis. Il titolo allude con il termine "gioia" ad un concetto che Lewis aveva sviluppato in altre opere precedenti ma rappresenta anche un (forse) involontario omaggio a Joy Gresham, la donna che diverra’ sua moglie nel 1957. Secondo molti critici, e secondo lo stesso Lewis, il romanzo “A viso scoperto”, (Till We Have Faces) pubblicato nel 1956 dopo il ciclo di Narnia, e’ il capolavoro letterario di Lewis. Fu invece un totale insuccesso editoriale perché era troppo diverso da quanto il pubblico si aspettava da Lewis. Si tratta di una rivisitazione del mito di Amore e Psiche che offre molte chiavi di lettura per le precedenti opere letterarie di Lewis e si caratterizza per un uso molto profondo e sofisticato del genere del mito. Il mito viene utilizzato da Lewis per scopi non molto diversi da quelli degli autori classici come Platone, e questo e’ importante per capire anche le precedenti opere di Lewis, tra cui quelle molto piu’ famose del ciclo di Narnia. Come scrive lo stesso Lewis in una lettera del 1959 a Peter Milward i temi principali della storia sono due: gli affetti naturali se lasciati alla mera naturalita’ diventano una forma particolare di odio; d'altro canto lo stesso Dio, dal punto di vista della nostra affettivita’ naturale, finisce per essere l'oggetto principale della nostra gelosia. Questo tema e’ ricorrente anche nelle altre opere di Lewis e nella sua essenza risale ad Agostino e alla dottrina tradizionale cristiana.

Il Pensiero di Lewis, l’esistenza di Dio:

“Aspira al Paradiso e lo avrai in terra. Aspira alla terra e non otterrai nulla”
(C.S. Lewis)


Nei romanzi di Lewis e’ sempre presente una visione filosofica abbastanza complessa anche se non esposta organicamente. Comprenderne i fondamenti e’ importante per cogliere a fondo anche gli altri aspetti della sua opere. Poiché una parte importante della vita dell'autore e’ stata occupata dal percorso personale che lo ha portato dall'ateismo alla convinzione che esiste un Dio personale e che questo Dio e’ quello rivelato dal cristianesimo, l'analisi delle motivazioni razionali che stanno alla base della fede di Lewis e’ importante per comprenderne il pensiero. Ma un posto altrettanto importante (o forse piu’ importante) va assegnato ad altre tematiche a cui Lewis dedica spazio nelle sue opere, e cioe’ il tema del desiderio come elemento essenziale costitutivo dell'esperienza umana e il tema della fondamentale continuita’ e affinita’ tra le religioni e i miti precristiani e la verita’ rivelata nel cristianesimo. I temi prettamente filosofici sono trattati da Lewis in alcuni libri che si possono definire come apologetici. Lewis sviluppa la sua apologia del cristianesimo in tre tappe. Dapprima comincia a dimostrare l'esistenza di Dio sulla base di fondamenti che appaiono eminentemente filosofici. In seguito cerca di dimostrare che Dio si e’ rivelato in maniera particolare in Cristo e nella religione cristiana. Infine difende il teismo e il cristianesimo contro le obiezioni come il problema del male. Contro l'agnosticismo che era prevalente ai suoi tempi Lewis ritiene che sia possibile dimostrare l'esistenza di Dio, almeno nel senso di mostrare che l'esistenza di Dio e’ piu’ verosimile della sua non esistenza. Lewis conosce l'argomento ontologico che risale a Descartes e Anselmo d'Aosta e degli argomenti cosmologici presentati da Tommaso d'Aquino. Ma sull'argomento ontologico, che deduce l'esistenza di Dio dal concetto stesso di Essere Necessario, Lewis in una lettera al fratello Warren dice che l'argomento non e’ valido a meno che non si stabilisca inizialmente che l'idea di Essere Necessario e’ obiettivamente fondata e non e’ una vaga fabbricazione del nostro spirito. Lewis non rifiuta gli argomenti cosmologici della filosofia medioevale che partono dal divenire, dalla causalita’, e dalla contingenza, ma confessa che non li ritiene efficaci per lui personalmente. Invece le prove favorite di Lewis sono quelle basate sulla moralita’, sulla ragione e sul desiderio.

Io e il Fantasy:

“La creatura e’ stata saziata, ma presto la sua sete di sangue richiedera’ altre vittime...e la sabbia si tingera’ ancora di rosso...”
(Gael Glaudel, Appunto finale di Jasud el Tarib, Diario di una strana Crociata)


Molti sono stati gli autori di Fantasy, alcuni grandi maestri, altri famosi, ma commerciali scrittorucoli. Da una parte il desiderio di comunicare la mondo, di renderlo migliore, dall’altra la fama e la ricchezza che la celebrita’ porta. Molti tentano di imitare i grandi, ma non vi e’ piu’ spazio ne’ possibilita’. Tolkien rimane unico, e cosi’ rimarranno Lewis e Lovecraft, per non parlare dell’esoterico Ende. Una volta conosciuti in profondita’ questi maestri, spinto da un desiderio di maggiore ricerca, iniziai ad elaborare un pensiero autonomo, trasferendo sulla carta i miei ragionamenti. Dopo aver studiato i numerosi autori, conosciute le filosofie, anche quelle piu’ spicce e quasi tendenti alla banalizzazione, ho improntato il mio proprio pensiero su un unico fatto: Ogni racconto non puo’ finire bene come tutti gli altri autori hanno voluto farci credere, non sempre il bene, la morale, la gioia vincono, ma come accade nella realta’, diverse volte e’ il male profondo, la perversione, l’ironica fine a prendere il sopravvento. I personaggi sono scossi da molti eventi, e ogni loro azione influira’ sulla vicenda, sul loro destino, che d’altra parte non e’ mai presente come forza a se. Rimane il finale sempre oscuro, grottesco o crudele, senza via di fuga. Una simbiosi tra bene e male, Luce e Oscurita’, che come descrivo nel mio “I racconti del Prescelto”, si fondono in un’unica entita’, reggente sopra ogni altra, anche se non reggente sulla vita di un unico ragazzo, capace di prendere in mano la propria sorte e condurla secondo sue regole. Accostandomi agli ideali citati di razionalita’, moralita’ e desiderio, nacquero alcuni racconti, contenenti questa mia filosofia, e tra questi propongo uno dei piu’ significativi e a me piu’ cari.

L’ultima difesa di Neckchek
(Tratto da “I Racconti del Prescelto”, di Glaudel Gael)


Che male c’e’ ad amare le tenebre? Vedreste forse le stelle di giorno?
La seconda guerra degli Dei giungeva al fine. E l’Oscurita’ aveva perso. Ora rimaneva faccia a faccia con il Prescelto, desideroso di portare a termine il compito per cui le stello lo avevano designato all’inizio del mondo. Era stanco di portare sulle sue spalle tutto quel peso, quell’enorme fardello che gli impediva di essere un uomo normale, ma lo costringeva alla permanenza in uno stato di ansia continua, di lotta eterna. Non sapeva cosa avrebbe portato la rottura dell’equilibrio, cosa veramente poteva donare il termine della guerra primordiale, che aveva prosperato fino ad allora. Ma se era stato designato per quella missione, egli avrebbe adempiuto al suo dovere, riportando, o portando per la prima volta l’ordine in tutto l’universo. Non sembrava preoccupata l’Oscurita’, benché nei suoi occhi si leggesse l’ansia di chi si trova di fronte il proprio carnefice. Ma un’ultima carta da giocare rimaneva, l’ultima speranza di vivere per sempre. “Ora siamo alla fine. Quanto ho atteso il momento del giudizio. A lungo volevo che tutto si fermasse. Che tutto si compisse. E ora e’ giunto”. Ma quelle parole non colpirono l’Oscurita’, che infine, in quell’attimo solenne, pronuncio’ quella che venne ritenuta la sua difesa ultima. “Prescelto, perché vuoi compiere il male? Perché desideri togliere cio’ che da sempre esiste, e cio’ che da sempre porta gioia? Quale male ha compiuto l’Oscurita’? Cosa avrei fatto di tanto grave che Ifnar, la mia meta’ non fece? Forse ho ucciso, sterminato, causato dolore? Ma questo anche lei non fece, e anche tu non hai forse fatto? Come puo’ il mondo, l’intero universo vivere senza di me? Non e’ forse la Luce un inganno stesso? Se osservi una vallata al chiaro del sole, o a quello della luna, o se la vedi con una torcia, o con altra qualsiasi fonte luminosa, ai tuoi occhi appariranno diversi colori, ognuno vero quanto l’altro, ma tutti falsi, portatori di menzogna. Non ti fa invece l’oscurita’ della notte piu’ profonda, o il buio di un pozzo antico osservare le stesse tenebre, sempre identiche, perfette, senza inganni. Dove vi e’ Luce, vi e’ sempre un’ombra, ma nell’ombra, non v’e’ bisogno di luce. Le stelle stesse non prediligono la notte? Misteriosa e piena di grazia, potente e inflessibile. Senza remore, priva di dolore, solo con una grande dote. Quella di coprire. Essa copre il male e il bene, copra ogni dolore e lo annienta, copre ogni disperazione, e dona pace infinita. Forse che la tranquillita’ risiede nella Luce, quella tranquillita’ che tutti cercano? No, essa si trova in me, e solo io posso concederla. Il cieco mai vedra’ la Luce, ma potra’ sognare, incapace di mentire, perché mai fu ingannato. A lui il mondo viene mostrato per quello che e’, privo di tranelli o intrighi, ma solo nere tenebre perfette. Perfezione. Questo sono. E questo posso rendere al mondo. In me qualsiasi fuoco diviene fiamma eterna, di bellezza incomparabile, ma quale fuoco si vedra’ alla chiara luce del sole? Quale stella apparira’ per indicare la via? Io celo agli occhi, ma non al cuore. Io non riduco il mondo in stolte catene, pesanti ceppi che lo costringono alla prigionia eterna. Io lo libero, donando l’eternita’. Perché nessuna luce e’ eterna, mentre una volta spento il fuoco, sempre restera’ l’oscurita’. Ascolta le mie parole Prescelto, non errare come gia’ hai fatto, giacche’ il male non esiste in me, non mi governano odio e perversione, ma sentimenti dei piu’ puri. Ifnar prima o poi tradira’ anche il suo piu’ fedele servo, mentre io mai ti considerai servo. Ora la scelta e’ tua, ma la tua decisione sara’ per l’eternita’. Scegli, se liberare o costringere, se mondare o scatenare. Ora scegli.” Quelle furono le parole di Neckchek, a lungo dimenticate, perché nessuno volle mai bearsi della loro verita’. Ma il Prescelto ascolto’ con cuore aperto, assorbi’ ogni sillaba, e decise. Decise per il bene dell’universo. Spazzo’ via una delle due forze, mentre l’altra divenne eterna. Ma Neckchek sbagliava. Non c’e’ Luce senza ombra, ma nell’ombra, sempre un fuoco verra’ avvistato.

Qui termina la storia:

Giunti siamo al termine di questo viaggio fantastico attraverso la storia, il pensiero umano, le vicende di Eroi, creature magiche, e filosofie particolari. Abbiamo cercato di dimostrare perche’ il Fantasy propriamente non si deve confondere semplicemente con la parola “Fantasia”, poiche’ dietro ad esso si nasconde molto piu’ di quello che l’occhio umano puo’ afferrare. Esso e’ il passare lento del tempo e delle ere, e’ il mutamento della civilta’, e questo contiene, il sogno di un futuro, il ricordo di un passato, e la gioia del vivere il proprio presente. Poiche’ nel presente si vive, e con esso vive chi eravamo, e chi saremo. Il Fantasy ha insegnato a molte generazioni a sognare, a non farsi fagocitare dalla nostra realta’, a volta un po’ triste, a volte grigia e ingobbita. Ci ha insegnato a ricercare nel proprio pensiero, ad allargare gli orizzonti, a contemplare nuove culture, e a volte, nel piu’ semplice dei casi, a sognare. Senza realta’ non vi sono sogni, ma senza sogni, non si trovera’ mai la realta’...


Bibliografia:


J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit, o andata e ritorno, Adelphi Edizioni, 1987
J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La compagnia dell’Anello, Adelphi Edizioni, 1987
J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Le due torri, Adelphi Edizioni, 1987
J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Il ritorno del Re, Adelphi Edizioni, 1987
J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Adelphi Edizioni, 1987
J.R.R. Tolkien, The Lord of the Rings, one volume edition, HarperCollins Publishers, 1995
J.R.R. Tolkien, Le livre des contes perdus, Christian Bourgois Editeur, 2002
J.R.R. Tolkien, Contes et Legendes inacheves, Le premier Age, Christian Bourgois Editeur, 2001
J.R.R. Tolkien, Il cacciatore di Draghi, ovvero Giles l’Agricoltore di Ham, Rusconi Editore, 1998
J.R.R. Tolkien, Il fabbro di Wootton Major, Bompiani Editore, 2005
J.R.R. Tolkien, Il Medioevo e il Fantastico, comprendente i saggi “Beowulf: mostri e critici”, “Tradurre Beowulf”, “Galvano e il Cavaliere Verde”, “Sulle Fiabe”, “Inglese e Gallese”, “Un vizio segreto”, “Discorso di commiato all’Universita’ di Oxford”, Bompiani Editore, 2004
H.P. Lovecraft, Le storie del ciclo di Cthulhu, il mito, volumi I e II, Newton e Compton Editori, 2004
H.P. Lovecraft, Le storie dell’orrore puro, l’incubo, volumi I e II, Newton e Compton Editori, 2004
H.P. Lovecraft, Le storie del fantastico, il sogno, Newton e Compton Editori, 2004
Seamus Heaney, Beowulf, edizione trilingue, Fazi Editore, 2002
Hal Belson, Il meraviglioso Viaggio del Viaggiatore Turchino, Edizioni della Terra di Mezzo, 1994
Carlo Lorini, Fiabe Irlandesi, Spettri e Fantasmi della Terra Verde, Giunti Editore, 2003
Clifford Thurlow, Fiabe Tibetane, Arcana Editrice, 1986
Michael Ende, La storia Infinita, Edizione Corbaccio, 2003
Margaret Weis & Tracy Hickman, La Saga Completa di DragonLance, volumi da I a XVI, Armenia Editore, 2004
C.S. Lewis. Le Cronache di Narnia, Il Nipote del Mago, Mondadori Editore, 2003
C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia, Il Leone, la Strega e l’Armadio, Mondadori Editore, 2003
C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia, Un ragazzo e il suo cavallo, Mondadori Editore, 2003
C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia, Il Principe Caspian, Mondadori Editore, 2003
C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia, Il viaggio del veliero, Mondadori Editore, 2003
C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia, La sedia d’argento, Mondadori Editore, 2003
C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia, L’Ultima battaglia, Mondadori Editore, 2003
Michael Grant, John Hazel, Dizionario della Mitologia Classica, CDE Edizioni, 1987
Pierre Dubois, La Grande Enciclopedia dei Folletti, Mondadori Editore, 1992
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Michael Moorcock, Il Ciclo di Elric, volumi da I a IX, Pocket Editeur, 2005
Jean-Louis Fetjaine, Le Crepuscule des elfes, Belfond Editeur, 2002
Jean-Louis Fetjaine, La nuit des elfes, Belfond Editeur, 2002
Jean-Louis Fetjaine, L’Heure des elfes, Belfond Editeur, 2002
Jean-Louis Fetjaine, Il passo di Merlino, Ponte alle grazie Editore, 2005
Jean-Louis Fetjaine, Broceliande, Belfond Editeur, 2006
Marianne Curley, Vento di Magia, Salani Editore, 2002
Henry N. Beard, Douglas C. Kenney, Lord of the Ringards, Bragellone Editeur, 2002
Nerella Botta, Il lettore nella rete, Le forme dell’immaginario, Loascher Editore, 2001

Per le immagini:

http://www.aumania.it
http://www.therionweb.de (dominio non piu’ esistente)
http://www.arcano.org

Re: Teoria Fantasy

gio gen 24, 2008 21:17

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Sposto su Discussioni Fantasy Generali, mi sembra la sezione più adatta ad ospitare questo ottimo lavoro! ;)

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Re: Teoria Fantasy

ven gen 25, 2008 11:42

Come più ritenete My Lord. ringrazio per l'ottimo. :)

Re: Teoria Fantasy

sab gen 26, 2008 14:05

Lieto che sia stato spostato nella mia sessione ;) .
Ne ho letta solo una parte per ora e, beh, direi che è un buon promemoria per il genere ^^

Re: Teoria Fantasy

lun gen 28, 2008 00:11

Ringrazio molto, un inchino per voi...

Re: Teoria Fantasy

ven feb 01, 2008 20:58

Buon promemoria? Mi accodo al giudizio espresso dal gattone.

Re: Teoria Fantasy

sab feb 02, 2008 03:29

goldrake ha scritto:Buon promemoria? Mi accodo al giudizio espresso dal gattone.


I Miei più rispettabili ringraziamenti a voi!

Re: Teoria Fantasy

sab feb 02, 2008 19:59

Un lavoro ammirevole, scritto magnificamente, ordinato e coerente. E riesce anche ad essere esaustivo senza comunque essere troppo prolisso.
Complimenti.

Re: Teoria Fantasy

sab feb 02, 2008 21:29

Molto gentile, amo il mio mestiere ^^

Re: Teoria Fantasy

sab feb 09, 2008 02:03

Sono senza parole..
Complimenti!

Re: Teoria Fantasy

dom feb 10, 2008 21:28

Son ben felice che ogni tanto questo lavoro rispunti fuori dai recessi...molto lieto che ti sia piaciuto :) Io lavoro per il pubblico :) Chiedete e vi sarà donato
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