H.P. Lovecraft, l’orrore che viene dalle stelle:“Non e’ morto cio’ che in eterno puo’ attendere, E col passare degli anni anche la morte puo’ morire.”
(H.P. Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu) Molti grandi artisti, sino alla loro morte vennero considerati meno di niente, solo dei poveracci incompresi. Ma a volte la fortuna, benché per pochi anni prima della loro fine, li illumina come un’ardente fiaccola, rendendoli leggende viventi. Questo e’ il caso di un artista nel campo del fantasy che molto ha fatto parlare di se, nel bene e nel male. Howard Phillips Lovecraft e’ il suo nome, scrittore di chiara fama, ma per troppo tempo, e sino ad ora sconosciuto da molti appassionati del genere. Lovecraft di certo non e’ possibile definirlo come uno scrittore comune di Fantasy, i caratteri che egli utilizza nelle sue opere son ben differenti da quelli considerati standard in molti romanzi commerciali o fin troppo osannati. Per questo viene messo in secondo piano, benché la sua abilita’ e il suo stile rimangano vividi nelle menti dei piu’ preparati. La vita di Lovecraft fu una vita carica di miseria e dolori, sin dalla sua infanzia. Il naufragio fu una condizione di partenza. Dalla piu’ tenera eta’, come ricorda in alcune sue lettere, egli rammenta incubi tremendi, causati da eventi disastrosi, la vergognosa morte del padre in un manicomio, la rovina della famiglia e l’inizio della follia materna. La madre iper-protettiva gli impediva schernendolo di giocare con i suoi coetanei, egli gia’ malaticcio e debole di nervi, indottrinato da letture settecentesche che non giovavano alle sue ansie, frustrazioni e sconfitte lo resero sempre sull’orlo della crisi. Da solo dovette lottare per divenire quello che ora viene considerato l’unico scrittore in grado di sostenere il passo con Edgar Allan Poe. Egli, perseguitato da quegli incubi che sin dall’infanzia si era creato, sfogava il suo dolore e la sua stanchezza nella scrittura. Ed in essa riversava tutte le sue angosce piu’ profonde, i suoi incubi prendevano forma e divenivano esseri orribili, dalle parvenze indefinite ma dallo scopo preciso. Come le sue paure l’unica cosa che essi ricercavano era il dolore dell’uomo, delle sua sanita’ mentale. Nato a Providence, nel Rode Island, il 20 marzo 1890, il 15 marzo del 1937 muore nella camera di un ospedale, a causa di un diagnosticato tumore all’intestino. Contemporaneo di Tolkien, di Asimov Bradbury, di cui leggera’ ogni opera, e sara’ entusiasta di esse. La sua carriera non si apri’ come scrittore affermato di libri, ma su riviste di fantascienza e fantastico in voga in quegli anni negli Stati Uniti. Weird Tales fu la principale, di ottima fama e con una buona tiratura nazionale. Da quando inizio’ a scrivere i suoi immaginifici racconti, milioni di fans riusci’ a portarsi appresso, che lo sostennero affinché continuasse fino all’ultimo la sua carriera. Le sue storie possono essere di certo considerate fantasy, dato il loro carattere onirico e fantastico, ma di certo nella categoria horror trovano il loro massimo. Sono racconti scritti per far provare vero terrore, per indurre nel lettore un orribile senso di timore verso tutto quello che l’infinito cela, verso gli spazi illimitati che ci sovrastano. Protagonista dei suoi racconti sempre un solo uomo o donna, scienziato o letterato che sia, al principio strenuo difensore del motto “A quel che non vedo non credo”. Le sue opere portano tutte alla tragica e crudele conclusione che l’uomo paragonato all’intero universo, non e’ altro che un insignificante essere, dominato da paure aliene e imperscrutabili. Su di lui vengono costantemente puntati occhi malvagi, che lo scrutano e spiano i suoi movimenti, attendendo. Sono gli occhi di entita’ al di fuori delle sfere del tempo e dello spazio, che abitano dimensioni prive di alcun pensiero e dimensione. Esse dominano sull’universo, gli Antichi e i loro adepti, signori crudeli di grandi mali. Si celano sotto forma di altri esseri sulla terra, vivono in perdute citta’ sul fondo dei neri abissi, o nel profondo delle viscere del nostro pianeta. Per chi li incontra l’orrore e il disgusto saranno il meno, perché la loro sola vicinanza porterebbe chiunque alla pazzia, inconcepibili da ogni mente sana e razionale, essi hanno le abitudini piu’ perverse e i riti piu’ blasfemi esistenti. Ogni romanzo di Lovecraft e’ intriso di diabolicita’, ove la speranza e’ dal principio solo un vago ricordo. Non vi e’ speranza, ne’ fede. Il dio convenzionale non esercita nessun potere e nessun miracolo. Ogni uomo e’ in balia di queste blasfeme entita’, il cui unico scopo e’ esercitare il loro dominio totale e portare la distruzione, l’Armagheddon. Il piu’ famoso di queste terribili divinita’ e’ senz’altro il poderoso e grandioso Cthulhu, incarnazione della voglia di emergere dall’abisso, sempre pero’ battuta dalla sorte avversa. Egli dimora, come scritto nel romanzo “Il richiamo di Cthulhu”, in una cittadella sommersa, nella quale attende sopito il suo grande risveglio. Da questo racconto venne persino estratta l’dea per un gioco di ruolo, basato appunto sul pantheon e sulle vicende lovecraftiane, che prende il titolo da questo piu’ celebre racconto. Lovecraft era comunque un uomo, e come tale amava anche prendersi gioco utilizzando le sue capacita’ delle menti altrui. Fu egli l’autore di uno degli scherzi letterari piu’ grandi della storia, il ritrovamento del testo maledetto, il famigerato Necronomicon , scritto in tempi antichi dall’arabo pazzo Abdul Alhazred, il quale avrebbe trovato il modo di aprire dei passaggi per raggiungere queste straordinarie entita’ ed evocarle. Ovviamente si trattava di una colossale burla, ai danni di letterati e studiosi, i quali pero’ caddero finemente nell’inganno, attratti da questo arcano libro magico. In seguito altri autori cercarono di rendere vero questo scherzo, scrivendo basandosi sui lavori e sugli appunti di Lovecraft un libro intitolato proprio come il tomo maledetto. Riporto qui la parte piu’ significativa, il rituale per aprire il passaggio principale.
Rituale per evocare Yog-Sothoth e aprire il Passaggio:L'ESCLUSIONE.
Zazii, Zamaii, Puidmon il Potente,
Sedon il Forte, El, Yod, He, Vau, He,
Iah, Agla, proteggimi e aiutami mentre io evoco il Passaggio!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi dal Nord!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi da Est!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi da Sud!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi da Ovest!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi dallo Zenith!
Nessun diavolo puo’ avvicinarsi dal Nadir!
Il Cerchio Infuocato chiude ogni cosa dentro!
Draba, draba, kalta, kalta, entemoss!
Il Cerchio Infuocato chiude ogni cosa fuori!
Draba, draba, kalta, kalta, entemoss!
Accar, Zour e Maroud! Chiudete il cerchio e non permettete a nessun diavolo di passarci attraverso!
Draba, draba, kalta, kalta, entemoss!
L'EVOCAZIONE.
Per Adonai Elohim, Adonai Jehova
Adonai Sabaoth, Metraton Ou Agla Methon,
Verbum Pythonicum, Mysterium Salamandrae
Cenventus Sylvorum, Antra Gnomorum
Demonia Coeli God, Almonsin Gibor
Jehoshua Evam Zariathnatmik, Veni, Veni, Veni!
Ascoltami!
Re dello spazio infinito!
Motore dei pianeti!
Il Fondatore della velocita’!
Il Sovrano dei terremoti!
Il Conquistatore del terrore!
Il Creatore del Panico!
Distruttore!
Il Vincitore splendente!
Figlio del Caos e del Vuoto!
Guardiano dell'Abisso!
Dio delle Estreme Oscurita’!
Signore delle Dimensioni!
Conoscitore dei Misteri!
Guardiano dei Segreti!
Signore del Labirinto!
Vertice degli Angoli!
Maestro dei gufi
Punto Omega!
Signore del Passaggio!
Colui che apre la Strada!
Il piu’ Vecchio!
Tutto-in-Uno!
L'unico protratto nella vita!
Umr At-Tawil!
Iak-Sathath!
YOG-SOTHOTH NAFL'FTHAGN!!!
I tuoi servi ti chiamano!
APRIRE IL PASSAGGIO.
Yog-Sothoth conosce il Passaggio.
Yog-Sothoth e’ il Passaggio.
Yog-Sothoth e’ la chiave e il guardiano del Passaggio.
Passato, presente e futuro, tutto e’ uno in Yog-Sothoth.
Per cio’ che non puo’ essere nominato,
Per Azathoth,
Per Nyarlathotep,
Per Shub-Niggurath,
Per i due serpenti,
Per cio’ che creo’ il Vuoto,
Per Kadath nel Desolato Freddo,
Per il Plateu del Leng,
Per Yuggoth,
Per la lente lunare,
Per l'Imprigionato,
Per il Libero,
Per Samas, Gibil e Nusuku,
Per l'Alto Nome di Ea,
Per i Sette Demoni,
Guardiano, lascia che il Passaggio sia aperto!
Per il Caos,
Per il Vuoto,
Per la Luce,
Per le Tenebre,
Per l'Aria,
Per il Fuoco,
Per l'Acqua,
Per la Terra,
Chiave, apri il Passaggio!
Per il mio giuramento impaurito,
Lascia che costoro che vogliono uscire escano!
Lascia che costoro che vogliono entrare vengano!
Lasciaci guardare nella Luce Nascosta!
Lasciaci guardare nelle Cieche Tenebre!
Squarcia il Velo!
Rompi lo Specchio!
Rivela l'Illusione!
Osserva, il Passaggio si apre!
Osserva, i Nodi sono riempiti di Potere!
Osserva, le Linee sono riempite di Potere!
Osserva, gli Angoli contorti e aperti!
Parole oscure, ricche di misticismo che infiammo’ le menti dei piu’ grandi letterati, partiti alla ricerca di copie perdute. Questo ebbe il potere di compiere Lovecraft. Il potere di condurre a nuove vette l’orrore, il potere di darci la sensazione che l’intero universo sia contro di noi, che forze misteriose giochino con le nostre vite, il potere di riversare tutto questo in poche pagine ricche di mistero.
Michael Ende, l’uomo di Fanta’sia:“Questa e’ un’altra storia,
e si dovra’ narrare un’altra volta”
(Michael Ende, La Storia Infinita )Particolare l’operato di questo scrittore tedesco di fine secolo, nel suo capolavoro piu’ conosciuto, La storia Infinita, egli affronta un percorso alternativo a quello dei consueti scrittori. La grande tematica sviluppata da Ende, cardine del libro La storia infinita, e’ il potere creativo assoluto della fantasia, matrice di tutte le storie possibili. La fantasia ora e’ una forma di salvezza da un mondo arido, divorato da un'economia impersonale e calcolistica (Momo); ora e’ una porta d'accesso quasi mistica a mondi ulteriori che vivono in simbiosi con la realta’, due lati di uno specchio che non possono fare a meno l'uno dell'altro; ora e’ una sorta di possessione allucinante, che dissolve la stessa realta’ in un sogno tra i sogni, il mondo concreto inglobato dalla visione, ridotto solamente a una delle infinite storie possibili. Cosi’ in Momo la fantasia e’ una sorta di elisir in grado di salvare il mondo, di insufflare la vita in un tempo che rischia di divenire meccanico, morto. Cosi’ anche ne La storia infinita, dove tuttavia non e’solo la fantasia (ipostatizzata nel regno chiamato appunto Fanta’sia) ad essere minacciata dal nulla (nella prima parte del libro), ma e’ essa stessa a potersi trasformare in una minaccia, quando al servizio di un delirio egoico di onnipotenza (nella seconda parte del libro). Viene comunque confermato il suo valore creativo e di sana fuga da un mondo spesso difficile da vivere e, come tale, da ritrasformare, contro quanti, anche nel corso della storia della cultura, hanno invece ritenuto la fantasia stessa un fattore di irresponsabilita’. Completamente diversa la questione ne “Lo specchio nello specchio” o “La prigione della liberta’”, dove, palese la lezione di Borges, la dialettica tra reale e irreale, tra sogno e veglia, e’ presentata come conflitto drammatico, angosciante, lacerante, solo a tratti sereno, tendente verso l'astratto, quasi una pulsione di morte nirvanica.
Il Regno di Fanta’sia:Il Regno di Fanta’sia o semplicemente Fanta’sia (Phanta’sien nell'edizione originale tedesca) e’ il luogo in cui sono ambientate quasi tutte le vicende del romanzo La storia infinita. Assai vario e complesso, in esso valgono leggi molto diverse da quelle del mondo reale. Spazio e tempo sono, insieme al Nulla e ai vari personaggi, due protagonisti de La storia infinita. In particolare, lo spazio domina la prima parte del libro, spingendosi anche oltre fino all'episodio del Tempio delle Mille Porte (cap. XVI. Amarganta, la Citta’ d'Argento); il tempo domina invece la seconda parte, sovrapponendosi allo spazio nei cap. XIII-XVI. Insieme costituiscono dunque le coordinate e l'ossatura del Regno di Fantasia. Fanta’sia non ha confini: si estende in modo illimitato in ogni direzione. Gli stessi Giganti del Cielo, ovvero i quattro venti dei Punti Cardinali, confermano questo dato di fatto. L'unico modo per gli abitanti di Fanta’sia per giungere nel nostro mondo, e’ farsi inghiottire dal Nulla divenendo menzogne, manie, ossessioni. Ma, come ribadisce l'Infanta Imperatrice, questo e’ un "modo sbagliato". Il "modo giusto" possono metterlo in pratica solo i Figli d'Adamo (gli uomini), visitando Fanta’sia e facendo ritorno al proprio mondo, anche piu’ e piu’ volte. Il fatto che Fanta’sia non abbia limiti fisici, tuttavia, non significa che non abbia "confini" in senso lato. L'Infanta Imperatrice, per esempio, non puo’ recarsi alle Acque della Vita, perché quel luogo le e’ negato e vi e’ dunque, per lei, una barriera invalicabile. Inoltre, proprio le Acque della Vita costituiscono un passaggio dal Regno di Fanta’sia a quello degli uomini, il che equivale a dire che i due mondi "confinano". Piu’ complesso, rispetto al concetto di "confine esterno" del regno, e’ quello di "confine interno". A Fanta’sia, infatti, "vicino" e "lontano" sono categorie piuttosto late: la distanza e’ un concetto relativo che cambia a seconda di chi sta viaggiando e di dove vuole andare. Non e’ solo una "geografia della mente" (la géographie di cui parla Bachelard), ma persino una "geografia dei desideri" Disegnare una mappa di Fanta’sia, cosi’ come ha fatto Tolkien per la Terra di Mezzo, e’ impossibile. Ogni luogo cambia di continuo posizione, sia esso una citta’, una montagna, una palude e via dicendo. Non si tratta, tuttavia, di un meccanismo simile a quello di Labyrinth, dove il labirinto muta aspetto in modo imprevedibile. Un posto, come e’ evidente nell'episodio del Tempio delle Mille Porte, risulta "piu’ vicino" o "piu’ lontano" in base a sé e quanto si desidera raggiungerlo e, ovviamente, a dove ci si trova mentre lo si desidera. Un concetto importante e’ che un luogo non occupa la stessa posizione per ciascuno dei suoi abitanti: esso confina, contemporaneamente, con tutti i luoghi in cui si trovano i viaggiatori che intendono arrivarvi. Pertanto, la geografia di Fanta’sia viola una delle leggi fondamentali della fisica classica, comportandosi quasi (ma questo Ende non poteva saperlo) come un quanto: ogni luogo ha una posizione relativa, mai assoluta, che dipende dall'ambiente circostante, dal contesto, da chi lo osserva, dai desideri. Da un lato in Fanta’sia il tempo funziona nel modo in cui noi lo conosciamo, scorrendo sempre in avanti: cio’ lo si puo’ dedurre da alcuni indizi. Nel capitolo XVIII. Gli Acharai, c’e’ un preciso riferimento a Scexpir - trascrizione approssimativa di Shakespeare - come a un antico visitatore del regno. I cavalieri che accompagnano Bastiano cantano, infatti, i due versi iniziali di una canzone a attribuita al drammaturgo inglese, (Vento e pioggia, in originale Wind and Rain):
“Quando ero bambinello op lala’ tra vento e pioggia”
(“When that I was a little tiny boy with hey, ho, the wind and the rain”)Cio’ suggerisce che il tempo passato nel mondo reale, dalla visita e in generale dall'epoca di Shakespeare, coincida con quello passato nel Regno di Fanta’sia. In entrambi i casi, infatti, l'episodio appare lontano, seppure non sia specificato quanto. Il susseguirsi di passato, presente e futuro, in generale, obbedisce solitamente alle medesime leggi fisiche che tutti conosciamo. Tuttavia, come avviene per lo spazio, esso e’ pero’ piu’ fluido e incline al cambiamento: l'intervento della fantasia dell'uomo modifica lo scorrere del tempo facendolo diventare quindi anche un concetto piuttosto relativo. La fantasia che, come forza creatrice, rimane comunque prerogativa esclusiva degli umani, ha il potere di immaginare il futuro, inventare il presente, cambiare il passato. Puo’ accadere che il presente influenzi il passato modificandolo: l'invenzione di una storia, ad esempio, non ha effetto solo nell'immediato ma va alle radici stesse, come fosse sempre esistita. Un esempio concreto si ritrova nel momento in cui Bastiano racconta le origini di Amarganta e della sua biblioteca; cio’ che viene pronunciato si realizza via via che la narrazione procede. Alla fine, non solo "compare" al centro di Amarganta un edificio (la biblioteca) che prima non c'era; gli abitanti affermano addirittura che fosse sempre stato li’, chiuso da tempo immemorabile, e che nessuno di loro ne conoscesse la funzione. Il processo creativo della fantasia e’ quindi reso un semplice processo di conoscenza di qualcosa che esisteva gia’. Lo stesso meccanismo puo’ essere applicato al futuro: se viene immaginato e dunque raccontato, inizia ad esistere prima del presente. In diversi punti del romanzo avviene che l'invenzione e la narrazione da parte di Bastiano, producono eventi che si svolgeranno effettivamente, seppure spesso con risvolti imprevisti. Come gia’ per il concetto di spazio, si verifica una condizione che, nel mondo reale, e’ assurda ed impossibile, se si esclude la meccanica quantistica ad Ende sconosciuta. Vi sono, poi, diversi casi in cui il tempo di Fanta’sia ha caratteristiche del tutto singolari, soprattutto per quanto riguarda il passato e il significato da attribuire alle espressioni "da sempre" e "per sempre". Per capire come Ende reinventa queste due categorie, ricorriamo ad un esempio pratico. Quando Bastiano chiede a Graograma’n “Sei davvero qui da sempre?” (cap. XV), pone questa domanda per risolvere un enigma per lui incomprensibile: se il deserto di Goab e’ nato la mattina prima per un suo desiderio, come puo’ essere che ci sia sempre stato? La risposta di Graograma’n e’ esauriente e senza appello: “Ma tu non sai che Fanta’sia e’ il Regno delle Storie? Una Storia puo’ essere nuova eppure raccontare di tempi immemorabili. Il passato nasce con lei”. Ende, dunque, piu’ che reinventare effettivamente la categoria del tempo, rende esplicito in un romanzo d'avventura – fantasia - formazione (invece che in un saggio) cio’ che si nasconde dietro la semplice formula del "C'era una volta...". Quando noi inventiamo una storia e la raccontiamo per la prima volta, fingiamo - in realta’ - che quella storia sia antichissima, sia sempre esistita e, quindi, che le cose che raccontiamo siano accadute in un tempo cosi’ lontano (da sempre) che e’ difficile persino conservarne memoria. Si tratta del cosiddetto tempo mitico, che ha si’ lati di contatto con quello storico, e tuttavia si perde in quella che potremmo definire "la notte dei tempi". E’ anche, in definitiva, un tempo ciclico, poiché gli eventi si ripetono uguali (per sempre) ogni volta che la storia viene raccontata. Da una Storia non possiamo aspettarci che il finale cambi, o che sia diverso anche solo un particolare; ci aspettiamo al contrario, come da un film, che la storia sia sempre la stessa, per l'eternita’. Immutabile, appunto, da sempre e per sempre. Da notare infine che non esiste come in Tolkien una perfetta dicotomia tra bene e male, consona ai principi dell’eresia manicheista, dove il bene e il male sono concetti, entita’ astratte impossibili da unirsi, ma bensi’ troviamo un perfetto spirito di armonia. Bene e male esistono, e ognuno ha proprie caratteristiche, ma coabitano, retti dal principio di libero arbitrio che la stessa Infanta Imperatrice porta avanti. Ognuno e’ libero di fare cio’ che desidera, nel bene e nel male, in ogni caso l’equilibrio verra’ sempre rispettato, con quella dose di fortuna, che il drago Fucur non manchera’ di portare.
C.S. Lewis, il Grande Favolista:
“La gratitudine guarda al passato e l'amore al presente; paura, avarizia, lussuria e ambizione guardano al futuro”
(C.S. Lewis)Clive Staples Lewis (Belfast, 29 novembre 1898 - Oxford, 22 novembre 1963), fu scrittore, studioso di letteratura medioevale e filologo irlandese. E’ l'autore del ciclo di romanzi Le cronache di Narnia. Spesso indicato semplicemente come C. S. Lewis, fu docente di lingua e letteratura inglese all'universita’ di Oxford, dove divenne amico dello scrittore J. R. R. Tolkien col quale - insieme anche a Charles Williams ed altri – fondo’ il circolo informale letterario degli Inklings. Lewis ottiene una enorme fama come scrittore per l'infanzia dal successo della serie di fiabe moderne scritte tra il 1950 ed il 1956 che compongono la saga de Le Cronache di Narnia. Si tratta un ciclo composto da sette libri che parlano delle avventure di quattro ragazzi, i quali per sfuggire dai bombardamenti di Londra si rifugiano in campagna e qui in una vecchia soffitta scoprono un armadio magico tramite il quale si accede ad un mondo fantastico in cui e’ sempre inverno ma non e’ mai Natale; questo e’ inizialmente il regno di Narnia. Ma Narnia grazie ai quattro ragazzi dopo molte vicende diventera’ un mondo magnifico in cui la natura trionfa. Il nome di Narnia era conosciuto a Lewis fin dall'infanzia, infatti nel suo atlante latino era sottolineato nella cartina d'Italia la citta’ di Narnia ora chiamata Narni. La casa di produzione Walden Media sta trasformando Le Cronache di Narnia in un ciclo di film. Il primo episodio Le Cronache di Narnia: Il Leone, la Strega e l'Armadio e’ uscito nel 2005; e’ stato il secondo film per incassi del 2005 in Nord America. Nel 1955 pubblica Sorpreso dalla gioia (Surprised by Joy) una autobiografia che ripercorre la sua vita dall'infanzia fino all'eta’ adulta e che rappresenta una fonte fondamentale per comprendere la visione del mondo di Lewis. Il titolo allude con il termine "gioia" ad un concetto che Lewis aveva sviluppato in altre opere precedenti ma rappresenta anche un (forse) involontario omaggio a Joy Gresham, la donna che diverra’ sua moglie nel 1957. Secondo molti critici, e secondo lo stesso Lewis, il romanzo “A viso scoperto”, (Till We Have Faces) pubblicato nel 1956 dopo il ciclo di Narnia, e’ il capolavoro letterario di Lewis. Fu invece un totale insuccesso editoriale perché era troppo diverso da quanto il pubblico si aspettava da Lewis. Si tratta di una rivisitazione del mito di Amore e Psiche che offre molte chiavi di lettura per le precedenti opere letterarie di Lewis e si caratterizza per un uso molto profondo e sofisticato del genere del mito. Il mito viene utilizzato da Lewis per scopi non molto diversi da quelli degli autori classici come Platone, e questo e’ importante per capire anche le precedenti opere di Lewis, tra cui quelle molto piu’ famose del ciclo di Narnia. Come scrive lo stesso Lewis in una lettera del 1959 a Peter Milward i temi principali della storia sono due: gli affetti naturali se lasciati alla mera naturalita’ diventano una forma particolare di odio; d'altro canto lo stesso Dio, dal punto di vista della nostra affettivita’ naturale, finisce per essere l'oggetto principale della nostra gelosia. Questo tema e’ ricorrente anche nelle altre opere di Lewis e nella sua essenza risale ad Agostino e alla dottrina tradizionale cristiana.
Il Pensiero di Lewis, l’esistenza di Dio:“Aspira al Paradiso e lo avrai in terra. Aspira alla terra e non otterrai nulla”
(C.S. Lewis)Nei romanzi di Lewis e’ sempre presente una visione filosofica abbastanza complessa anche se non esposta organicamente. Comprenderne i fondamenti e’ importante per cogliere a fondo anche gli altri aspetti della sua opere. Poiché una parte importante della vita dell'autore e’ stata occupata dal percorso personale che lo ha portato dall'ateismo alla convinzione che esiste un Dio personale e che questo Dio e’ quello rivelato dal cristianesimo, l'analisi delle motivazioni razionali che stanno alla base della fede di Lewis e’ importante per comprenderne il pensiero. Ma un posto altrettanto importante (o forse piu’ importante) va assegnato ad altre tematiche a cui Lewis dedica spazio nelle sue opere, e cioe’ il tema del desiderio come elemento essenziale costitutivo dell'esperienza umana e il tema della fondamentale continuita’ e affinita’ tra le religioni e i miti precristiani e la verita’ rivelata nel cristianesimo. I temi prettamente filosofici sono trattati da Lewis in alcuni libri che si possono definire come apologetici. Lewis sviluppa la sua apologia del cristianesimo in tre tappe. Dapprima comincia a dimostrare l'esistenza di Dio sulla base di fondamenti che appaiono eminentemente filosofici. In seguito cerca di dimostrare che Dio si e’ rivelato in maniera particolare in Cristo e nella religione cristiana. Infine difende il teismo e il cristianesimo contro le obiezioni come il problema del male. Contro l'agnosticismo che era prevalente ai suoi tempi Lewis ritiene che sia possibile dimostrare l'esistenza di Dio, almeno nel senso di mostrare che l'esistenza di Dio e’ piu’ verosimile della sua non esistenza. Lewis conosce l'argomento ontologico che risale a Descartes e Anselmo d'Aosta e degli argomenti cosmologici presentati da Tommaso d'Aquino. Ma sull'argomento ontologico, che deduce l'esistenza di Dio dal concetto stesso di Essere Necessario, Lewis in una lettera al fratello Warren dice che l'argomento non e’ valido a meno che non si stabilisca inizialmente che l'idea di Essere Necessario e’ obiettivamente fondata e non e’ una vaga fabbricazione del nostro spirito. Lewis non rifiuta gli argomenti cosmologici della filosofia medioevale che partono dal divenire, dalla causalita’, e dalla contingenza, ma confessa che non li ritiene efficaci per lui personalmente. Invece le prove favorite di Lewis sono quelle basate sulla moralita’, sulla ragione e sul desiderio.
Io e il Fantasy:“La creatura e’ stata saziata, ma presto la sua sete di sangue richiedera’ altre vittime...e la sabbia si tingera’ ancora di rosso...”
(Gael Glaudel, Appunto finale di Jasud el Tarib, Diario di una strana Crociata)Molti sono stati gli autori di Fantasy, alcuni grandi maestri, altri famosi, ma commerciali scrittorucoli. Da una parte il desiderio di comunicare la mondo, di renderlo migliore, dall’altra la fama e la ricchezza che la celebrita’ porta. Molti tentano di imitare i grandi, ma non vi e’ piu’ spazio ne’ possibilita’. Tolkien rimane unico, e cosi’ rimarranno Lewis e Lovecraft, per non parlare dell’esoterico Ende. Una volta conosciuti in profondita’ questi maestri, spinto da un desiderio di maggiore ricerca, iniziai ad elaborare un pensiero autonomo, trasferendo sulla carta i miei ragionamenti. Dopo aver studiato i numerosi autori, conosciute le filosofie, anche quelle piu’ spicce e quasi tendenti alla banalizzazione, ho improntato il mio proprio pensiero su un unico fatto: Ogni racconto non puo’ finire bene come tutti gli altri autori hanno voluto farci credere, non sempre il bene, la morale, la gioia vincono, ma come accade nella realta’, diverse volte e’ il male profondo, la perversione, l’ironica fine a prendere il sopravvento. I personaggi sono scossi da molti eventi, e ogni loro azione influira’ sulla vicenda, sul loro destino, che d’altra parte non e’ mai presente come forza a se. Rimane il finale sempre oscuro, grottesco o crudele, senza via di fuga. Una simbiosi tra bene e male, Luce e Oscurita’, che come descrivo nel mio “I racconti del Prescelto”, si fondono in un’unica entita’, reggente sopra ogni altra, anche se non reggente sulla vita di un unico ragazzo, capace di prendere in mano la propria sorte e condurla secondo sue regole. Accostandomi agli ideali citati di razionalita’, moralita’ e desiderio, nacquero alcuni racconti, contenenti questa mia filosofia, e tra questi propongo uno dei piu’ significativi e a me piu’ cari.
L’ultima difesa di Neckchek
(Tratto da “I Racconti del Prescelto”, di Glaudel Gael)Che male c’e’ ad amare le tenebre? Vedreste forse le stelle di giorno?
La seconda guerra degli Dei giungeva al fine. E l’Oscurita’ aveva perso. Ora rimaneva faccia a faccia con il Prescelto, desideroso di portare a termine il compito per cui le stello lo avevano designato all’inizio del mondo. Era stanco di portare sulle sue spalle tutto quel peso, quell’enorme fardello che gli impediva di essere un uomo normale, ma lo costringeva alla permanenza in uno stato di ansia continua, di lotta eterna. Non sapeva cosa avrebbe portato la rottura dell’equilibrio, cosa veramente poteva donare il termine della guerra primordiale, che aveva prosperato fino ad allora. Ma se era stato designato per quella missione, egli avrebbe adempiuto al suo dovere, riportando, o portando per la prima volta l’ordine in tutto l’universo. Non sembrava preoccupata l’Oscurita’, benché nei suoi occhi si leggesse l’ansia di chi si trova di fronte il proprio carnefice. Ma un’ultima carta da giocare rimaneva, l’ultima speranza di vivere per sempre. “Ora siamo alla fine. Quanto ho atteso il momento del giudizio. A lungo volevo che tutto si fermasse. Che tutto si compisse. E ora e’ giunto”. Ma quelle parole non colpirono l’Oscurita’, che infine, in quell’attimo solenne, pronuncio’ quella che venne ritenuta la sua difesa ultima. “Prescelto, perché vuoi compiere il male? Perché desideri togliere cio’ che da sempre esiste, e cio’ che da sempre porta gioia? Quale male ha compiuto l’Oscurita’? Cosa avrei fatto di tanto grave che Ifnar, la mia meta’ non fece? Forse ho ucciso, sterminato, causato dolore? Ma questo anche lei non fece, e anche tu non hai forse fatto? Come puo’ il mondo, l’intero universo vivere senza di me? Non e’ forse la Luce un inganno stesso? Se osservi una vallata al chiaro del sole, o a quello della luna, o se la vedi con una torcia, o con altra qualsiasi fonte luminosa, ai tuoi occhi appariranno diversi colori, ognuno vero quanto l’altro, ma tutti falsi, portatori di menzogna. Non ti fa invece l’oscurita’ della notte piu’ profonda, o il buio di un pozzo antico osservare le stesse tenebre, sempre identiche, perfette, senza inganni. Dove vi e’ Luce, vi e’ sempre un’ombra, ma nell’ombra, non v’e’ bisogno di luce. Le stelle stesse non prediligono la notte? Misteriosa e piena di grazia, potente e inflessibile. Senza remore, priva di dolore, solo con una grande dote. Quella di coprire. Essa copre il male e il bene, copra ogni dolore e lo annienta, copre ogni disperazione, e dona pace infinita. Forse che la tranquillita’ risiede nella Luce, quella tranquillita’ che tutti cercano? No, essa si trova in me, e solo io posso concederla. Il cieco mai vedra’ la Luce, ma potra’ sognare, incapace di mentire, perché mai fu ingannato. A lui il mondo viene mostrato per quello che e’, privo di tranelli o intrighi, ma solo nere tenebre perfette. Perfezione. Questo sono. E questo posso rendere al mondo. In me qualsiasi fuoco diviene fiamma eterna, di bellezza incomparabile, ma quale fuoco si vedra’ alla chiara luce del sole? Quale stella apparira’ per indicare la via? Io celo agli occhi, ma non al cuore. Io non riduco il mondo in stolte catene, pesanti ceppi che lo costringono alla prigionia eterna. Io lo libero, donando l’eternita’. Perché nessuna luce e’ eterna, mentre una volta spento il fuoco, sempre restera’ l’oscurita’. Ascolta le mie parole Prescelto, non errare come gia’ hai fatto, giacche’ il male non esiste in me, non mi governano odio e perversione, ma sentimenti dei piu’ puri. Ifnar prima o poi tradira’ anche il suo piu’ fedele servo, mentre io mai ti considerai servo. Ora la scelta e’ tua, ma la tua decisione sara’ per l’eternita’. Scegli, se liberare o costringere, se mondare o scatenare. Ora scegli.” Quelle furono le parole di Neckchek, a lungo dimenticate, perché nessuno volle mai bearsi della loro verita’. Ma il Prescelto ascolto’ con cuore aperto, assorbi’ ogni sillaba, e decise. Decise per il bene dell’universo. Spazzo’ via una delle due forze, mentre l’altra divenne eterna. Ma Neckchek sbagliava. Non c’e’ Luce senza ombra, ma nell’ombra, sempre un fuoco verra’ avvistato.
Qui termina la storia:Giunti siamo al termine di questo viaggio fantastico attraverso la storia, il pensiero umano, le vicende di Eroi, creature magiche, e filosofie particolari. Abbiamo cercato di dimostrare perche’ il Fantasy propriamente non si deve confondere semplicemente con la parola “Fantasia”, poiche’ dietro ad esso si nasconde molto piu’ di quello che l’occhio umano puo’ afferrare. Esso e’ il passare lento del tempo e delle ere, e’ il mutamento della civilta’, e questo contiene, il sogno di un futuro, il ricordo di un passato, e la gioia del vivere il proprio presente. Poiche’ nel presente si vive, e con esso vive chi eravamo, e chi saremo. Il Fantasy ha insegnato a molte generazioni a sognare, a non farsi fagocitare dalla nostra realta’, a volta un po’ triste, a volte grigia e ingobbita. Ci ha insegnato a ricercare nel proprio pensiero, ad allargare gli orizzonti, a contemplare nuove culture, e a volte, nel piu’ semplice dei casi, a sognare. Senza realta’ non vi sono sogni, ma senza sogni, non si trovera’ mai la realta’...
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